Ludopatia, un malattia che può costare caro
Il gioco d’azzardo si trasforma in droga, si spendono cifre enormi pur di continuare a giocare senza pensare alle conseguenze
Trenta milioni di italiani ogni giorno si svegliano e hanno un solo pensiero, un solo obiettivo. Non pensano al proprio lavoro, alla propria famiglia, l’unico fine è giocare. E cercare di vincere più di quanto si è perso ieri. Le vincite anche se piccole esaltano e innescano un meccanismo per cui si vuole continuare a vincere per arrivare alla vincita più grossa, a quella “che ti sistema a vita”; in realtà molto spesso le perdite sono più alte delle vittorie e costringono i giocatori che, da impulsivi diventano compulsivi, a trovare altri soldi per continuare a puntare, vendendo macchine, appartamenti, dilapidare patrimoni e stipendi. Cavalli, gratta e vinci, carte, slot machine, poker on line: ognuno ha la propria divinità a cui votarsi. Il gioco d’azzardo diventa una vera e propria religione, con i propri immancabili riti e il proprio pensiero magico, che tutto può fare e disfare. Le vincite si inseguono in un circolo vizioso in cui più si vince o si perde più comunque si gioca o per vincere di più o per rimettersi dalle perdite. 86 Miliardi sono stati spesi dagli italiani nel 2012 in questo gioco infernale, circa 1200 euro a testa, il 3% del PIL nazionale. Fanno riflettere ancora di più queste cifre nel periodo di crisi che stiamo vivendo. Un problema solo del mondo adulto? No. Gli esperti parlano di circa 2500 bambini dipendenti dai giochini on line, in cui non possono perdere o vincere soldi veri o almeno fino a che i genitori non gli danno l’accesso ad una carta di credito per i loro acquisti on line, ma comunque crescono con un rapporto deviato con il gioco. Si stima che nell’anno 2013 circa 1.250.000 (Studio SPS- DPA 2013) studenti delle scuole superiori di secondo grado abbiano partecipato ad almeno un gioco d’azzardo, con frequenza rilevata di un episodio almeno una volta negli ultimi 12 mesi. Il Dipartimento Politiche Antidroga sottolinea che esiste una interessante e preoccupante associazione tra la frequenza della pratica del gioco d’azzardo e il consumo di sostanze, che mostra una correlazione lineare tra le due, sia nella popolazione giovanile (15-19) sia in quella generale (15-64). Sempre secondo i dati aggiornati DPA del 2013, il 35,2% degli studenti che gioca ogni giorno o quasi, fa anche uso di sostanze stupefacenti. Inoltre, negli studenti tra i 15-19 anni con gioco d’azzardo patologico su 34.483 mila soggetti si evidenzia che maggiore è lo stadio del gioco d’azzardo, maggiore è il consumo di droghe: 41,7% rispetto ai loro coetanei che non giocano, che presentano invece una prevalenza di uso di sostanze pari a 17,5%.
Implulsività, sensation seeking e dissociazione sono le tre colonne portanti del gambler, del giocatore d’azzardo patologico. Nell’era multimediale il gioco subisce anch’esso un’evoluzione: diventa un gioco solitario, da fare comodamente da casa sul proprio divano, lontani da occhi indiscreti e indagatori, protetti dal giudizio morale della società e coccolati da quel mondo on line in cui ogni cosa sembra possibile.
E lo Stato cosa fa? Ci sono dei provvedimenti di contenimento che sembrano però poco efficaci. Nel corso della XVI Legislatura numerosi progetti di legge hanno affrontato il tema delle ludopatie, nel tentativo di regolamentare l’attività del gioco d’azzardo, contenerne la diffusione e affrontare le conseguenze sociali e sanitarie della dipendenza. Per il Decreto Balduzzi si chiede agli istituti di istruzione primaria e secondaria di segnalare la valenza educativa del gioco responsabile possano predisporre iniziative didattiche volte a rappresentare agli studenti il senso autentico del gioco e i potenziali rischi connessi all’abuso o all’errata percezione del medesimo. Inoltre l’articolo 7, comma 5, del D.L. n. 158 del 2012 prevede l’obbligo di riportare avvertimenti sul rischio di dipendenza dalla pratica di giochi con vincite in denaro e sulle relative probabilità di vincita. Questi avvertimenti vengono però scalzati dai numerosi slogan accattivanti ripetuti in tv alla radio e scritti dovunque: “Ti piace vincere facile”, “Giocare è qualcosa di naturale”, “Wins for life” e tanti altri. È vietato l’ingresso ai minori di 18 anni nelle aree destinate al gioco con vincite in denaro interne alle sale Bingo, nelle aree in cui sono installati apparecchi VLT (video lottery) e nei punti vendita in cui si esercita – quale attività principale – quella di scommesse su eventi sportivi, anche ippici, e non sportivi. Nessun problema quindi nell’ingresso dei minori nei bar in cui ci sono macchinette e slot machine. Non si può poi aprire un centro scommesse vicino a scuole, chiese, ospedali o asili. Peccato però che questa ordinanza valga solo per i centri scommesse che devono ancora aprire, per quelli già aperti non si può far nulla. Vengono poi oscurati i siti non gestiti dall’AAMS (Amministrazione autonoma dei Monopoli) in cui si può giocare on line, ma se si ha un provider in Francia problema risolto. Pochi interventi, davvero troppo pochi ancora. Cosa fare quindi per contrastare davvero il fenomeno? Puntare su numeri diversi, più vincenti!