Pubblicato: Ven, 22 Mar , 2013

La memoria libera dalla paura

Flora Agostino: non esiste giustizia senza verità. Don Ciotti a Palermo per ricordare le vittime delle mafie

 

 

di Gilda Sciortino

NEWS_109569Ha scelto il capoluogo siciliano, don Luigi Ciotti, per celebrare localmente la “Giornata della memoria e dell’impegno in ricordo delle vittime innocenti di mafia”, decidendo di condividere con i familiari di quanti hanno versato il loro sangue sul suolo della nostra Isola un momento di rinnovato dolore. Dopo una mattinata trascorsa con i giovani, gli studenti, le insegnanti e gli abitanti dello Zen, la cerimonia alla Bottega dei Sapori e dei Saperi di Libera in piazza Castelnuovo, quindi il momento di raccoglimento e ricordo nella sala consiliare di Palazzo delle Aquile. Anche qui, come nel resto dell’Italia, la lettura commossa dei nomi delle 900 vittime della mafia. “E’ per noi un onore avervi qui – ha affermato il consigliere comunale Francesco Bertolino, facendo gli onori di casa -. Ha detto bene don Luigi, dal palco di Firenze, quando ha sottolineato che la memoria deve essere accompagnata all’impegno, senza il quale, è come “ucciderli due volte”. Ognuno di noi deve fare la sua parte, impegnandosi per un mondo fatto di giustizia e di pace. Quello che possiamo fare oggi, noi politici, è tenere fede a un impegno preso, e inserire nel prossimo nuovo statuto comunale l’istituzione della data del 21 marzo come “Giornata dell’impegno e del ricordo di tutte le vittime di mafia”. Questo, possiamo, nel nostro piccolo”. Una promessa applaudita con entusiasmo, con l’augurio che diventi impegno anche per un intero territorio, lo stesso che ha sofferto e subito in questi anni la violenza della mafia. Un momento toccante, per i familiari, ma anche per lo stesso don Ciotti, nonostante da anni viva occasioni di questo genere in giro per tutta l’Italia. “Ogni volta che vengo in Sicilia, a Palermo, mi arricchisco. E’ stato così allo Zen, dove ho ascoltato le domande degli studenti, le loro sollecitazioni, i tanti interrogativi, le richieste delle insegnanti. Ho, per esempio, incontrato Rosi, una professoressa che cominciò a insegnare a 19 anni nella stessa scuola in cui l’ho trovata. Oggi, però, è nonna e sta per andare in pensione. Come tante altre, mi ha detto che ha scelto di stare lì, a dispetto delle tante e continue difficoltà. Questa cosa l’ho raccontata ai ragazzi, perché mi è sembrato un ottimo esempio di impegno concreto. Adesso è allo stesso modo importante stare qui con i familiari, a ricordare i loro cari, dichiarando l’impegno davanti a chi ha bisogno. Vengo sovente in Sicilia, e sino a qualche anno fa era impensabile che ci si potesse incontrare in questa maniera, come era impensabile vedere tanti progetti sulla legalità prendere vita. Credo che questi segnali siano da cogliere prontamente, anche se il problema è più complesso di quel che sembra, e la strada tutta in salita. Dobbiamo essere onesti e continuare a dire che ci vuole continuità nelle cose che facciamo, così come abbiamo bisogno di condivisione e corresponsabilità. Chiediamo allo Stato di fare la sua parte, ma dobbiamo metterci anche del nostro. Giornate come queste devono fare parte di una quotidianità, devono essere un pezzo della nostra vita. Diversamente, diventano eventi”. Saldare il cielo con la terra. Questo è l’invito, il monito del presidente nazionale di Libera, a tutti i presenti, e non solo. “I familiari che sono qui lo sanno, io chiedo sempre a Dio che dia una bella pedata a tutti per andare avanti – ha aggiunto don Ciotti – perché nessuno si senta mai a posto e arrivato. L’ho sempre detto in questi anni, se incontriamo qualcuno sulla nostra strada che dice di avere capito tutto, salutatelo e andate avanti, perché noi siamo ancora qui a cercare di capire cosa fare di più e insieme. In questo momento non c’è regione d’Italia in cui questi nomi non risuonino forti, perché il primo di diritto di una persona è quello di essere chiamato per nome. Ogni anno, poi, ne scopriamo altri 10, 15 di sconosciuti, che poi andiamo a verificare per conoscere la loro storia. La lotta alla mafia, lo sapete, la si fa a Roma, in Parlamento, con le leggi e gli interventi giusti, ma anche nel territorio con le politiche sociali, il lavoro, la cultura, con il protagonismo dei nostri ragazzi che hanno voglia di trovare punti di riferimento. La legge sulla corruzione, per esempio, è una vergogna del nostro Paese, perché è una legge di compromesso, che garantisce ancora molti a scapito delle persone perbene. Anche quella sul gioco d’azzardo è un’altra dimostrazione di ciò che non si vuole cambiare. Non siamo, quindi, qui per parole, ma per “non ucciderli” una seconda volta, per fare in modo che la memoria sia sempre di più un impegno da parte di tutti. L’ho già detto, in Sicilia io mi arricchisco perché incontro le storie, le fatiche, le speranze, l’impegno, il coraggio delle persone. Questo Paese si merita una memoria vera, perché la memoria parla, racconta ciò che è giusto e ciò che è ingiusto, ciò che è bene e ciò che è male. Gridiamolo forte che l’unica cosa vera è che “le mafie sono la vera peste”. E’ da questa considerazione che dobbiamo partire per impegnarci di più tutti”. Un impegno che viene richiesto a tutti, nessuno escluso, e la cui pratica viene quotidianamente esercitata da una realtà come Libera, grazie alla quale oggi i familiari delle vittime di mafia non si sentono più soli. Come Flora Agostino, sorella di Nino, il poliziotto ucciso nel 1989 assieme alla moglie Ida Castelluccio. “Io ringrazio don Luigi di avere scelto Palermo per celebrare la “Giornata della memoria”. I nomi dei nostri congiunti sono scanditi uno a uno per non dimenticare, per non dimenticarli e impedire che vengano uccisi una seconda volta. Oggi, però, più di prima, abbiamo bisogno di cose vere, di sostanza di proposte, di un parlare serio, di parole non private dal loro significato. Indignarsi non basta, perché l’indignazione si cura dando dignità ai familiari delle vittime attraverso il riconoscimento del diritto alla pietà per i loro morti, così come del diritto alla verità perché non esiste giustizia senza di essa. L’indignazione si cura anche e soprattutto attraverso la riconoscenza del ruolo svolto dai tanti uomini e dalle tante donne di Stato, che ogni giorno scelgono di non girarsi dall’altro lato; si cura con l’esercizio della democrazia, dando valore alla cultura, termometro dello stato di salute di un paese. Soleva dire il giudice Antonino Caponnetto, che “la mafia teme più la scuola che la giustizia. Essa prospera sull’ignoranza della gente, sulla quale può svolgere un’opera di intimidazione e di costrizione psicologica”. Oggi è un momento di riflessione da rivolgere allo stesso modo ai testimoni di giustizia che, con coraggio e sacrificio, hanno deciso di fare la loro parte nella lotta alla mafia, dentro e fuori le aule dei tribunali. Anche per loro il ricordo non è più un esercizio di memoria, ma il riconoscimento dei nomi, dei volti e delle storie delle nostre vittime. Perché, grazie a loro, possiamo riconoscere noi stessi e la storia del nostro paese. Piera Aiello e Giuseppe Carini sono qui, senza protezione né scorta, animati dal desiderio di porsi al servizio degli altri. Noi familiari facciamo nostra la loro storia e ci impegniamo a camminare al loro fianco, ma chiediamo conforto ai cittadini e alle istituzioni. Le mafie ci hanno reso tutti vittime, ma la memoria e l’impegno in prima persona ci stanno emancipando dalla paura, per essere un giorno del tutto veramente liberi”. Una giornata importante quella di ieri, durante la quale la commozione ha veramente fatto da padrona. La città di Palermo è stata nuovamente onorata dalla presenza di don Luigi Ciotti che, in serata, ha ripreso il volo per tornare nella sua Torino. Solo qualche giorno, però, perché il 2 aprile sarà ancora una volta in Sicilia, a Erice, per ricordare, insieme con Margherita Asta e i suoi familiari, la madre Barbara Rizzo e i due fratellini, Giuseppe e Salvatore, rimasti uccisi 28 anni fa nella strage di Pizzolungo, quella che avrebbe dovuto decretare la morte del giudice Carlo Palermo.

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