Diritto d’asilo europeo: l’appello da Palermo
Presidio davanti alla Prefettura del capoluogo siciliano, per prendere posizione riguardo alle leggi sulle migrazioni e alle stragi di mare e di terra.
Si è svolto venerdì pomeriggio, davanti alla Prefettura di Palermo, il presidio volto a sollecitare le Istituzioni a prendere al più presto una chiara posizione riguardo alle leggi italiane, europee e globali sul tema delle migrazioni, alla luce della recente tragedia di Lampedusa; soltanto l’ultima – in ordine di tempo – delle stragi di mare e di terra, i cui responsabili (politici e non solo) non sono condannati, ma anzi tutelati da leggi vigenti. L’appello è rivolto ai ministri della Repubblica, ai presidenti delle Camere, alle istituzioni europee e alle organizzazioni internazionali, affinché si apra un canale umanitario per il diritto d’asilo europeo. E che si proceda all’abrogazione della legge Bossi-Fini. Al presidio è seguito un toccante flashmob ai piedi del Teatro Massimo, che ha visto alcune persone distese per terra, attorniate da tante candele accese, ed essere coperte da lenzuoli bianchi, in ricordo delle centinaia di migranti che hanno perso la vita nel naufragio di giovedì.
Le tragedie che si consumano ormai quasi ogni giorno nel Mar Mediterraneo, che inghiotte uomini e donne in fuga dagli orrori delle loro terre, impongono all’Europa il dovere prima di tutto morale di non rimanere indifferente alle continue richieste di aiuto di chi approda sulle nostre coste, nella speranza di potersi rifare una nuova vita e, invece, più facilmente, trova la morte. Non servono a nulla le lacrime e le belle parole di chi ha mezzi e poteri per agire. La “retorica del giorno dopo” non fermerà certo queste stragi. Così come poco o nulla servono i pattugliamenti, i respingimenti e la costruzione di nuovi centri di detenzione sanciti da atti normativi che cozzano contro i diritti umani fondamentali. È prima di tutto necessario, per esempio, che, chi fugge da guerre e persecuzioni, possa chiedere asilo alle istituzioni europee presenti nel proprio Paese, senza doversi imbarcare e alimentare il traffico di esseri umani.
Parola d’ordine, quindi: diritto d’asilo europeo. Perché è facile parlare di “tratta di esseri umani”, addossando la totale responsabilità ai trafficanti che lucrano sull’immigrazione clandestina e alle organizzazioni criminali che, da questi “traffici”, traggono anche loro una parte di guadagno. I politici sono allo stesso modo colpevoli, quando si vantano di esser riusciti a ridurre gli sbarchi illegali sul territorio europeo, non capendo (ingenuamente?) che non è fermando e respingendo quei maledetti barconi, che si risolve il problema. I finanziamenti impiegati per contrastare il fenomeno, mediante operazioni di respingimento, di rimpatrio forzato, di espulsione, di detenzione, etc., potrebbero benissimo essere utilizzati per creare dei canali di immigrazione legale. Solo allora i governi europei potranno sentirsi meno ipocriti.