Sicilia: i deputati si alzano lo stipendio, Palazzo dei Normanni si consola contro l’inflazione
il voto dell’Assemblea Regionale Siciliana sul bilancio interno ha portato a un incremento di 890 euro a testa che rientreranno nella voce «adeguamento secondo la variazione dell’indice Istat»
Il costo della vita aumenta e i parlamentari siciliani adeguano il loro stipendio, per la modica cifra di 12.000 euro lordi al mese, 890 euro in più rispetto a quanto stabilito in precedenza. Contando una platea di 70 deputati regionali, la spesa così sale di 750 mila euro all’anno, per un totale di 11,2 milioni di euro per il 2023. Per l’Assemblea Regionale Siciliana si spende dunque complessivamente 133,5 milioni. Nelle corpose indennità dei consiglieri regionali è compresa la diaria, che corrisponde a 4.500 euro, considerata un rimborso spese e quindi non tassabile. A queste voci si aggiunge quella riguardante i rimborsi per le spese relative ai collaboratori, pari circa a 3 mila euro mensili, di cui però rimane sempre vago l’impiego. La somma che l’Ars spende per gli ex deputati, per vitalizi e pensioni d’oro, è davvero consistente (17,5 milioni di euro). Altri 5,9 milioni sono destinati agli stipendi dei dipendenti dei gruppi parlamentari. Per il personale del parlamento siciliano la spesa complessiva è di circa 27 milioni di euro l’anno, mentre il costo delle pensioni degli ex dipendenti sfiora i 49 milioni di euro.
In Europa, lo stipendio medio per un parlamentare nazionale (e non regionale) si attesta sui 5-7 mila euro al mese, omnicomprensivo, la metà se non addirittura un terzo in meno dei siciliani.
Ma un aumento tira l’altro e nel frattempo, durante l’esame della Finanziaria, è stato approvato anche l’articolo che riguarda i Forestali, una platea di precari stagionali che hanno rappresentato – a torto o a ragione – spesso l’immagine del clientelismo della politica siciliana, come è stato ribadito da qualche consigliere proprio nel corso della seduta. E’ stato dunque emanato il “recepimento del contratto collettivo nazionale di lavoro riguardante gli addetti ai lavori di sistemazione idraulico-forestale e idraulico-agraria”, lavoratori che oggi sono in carico al Dipartimento regionale dello sviluppo rurale e territoriale dell’Assessorato all’agricoltura e al Comando del Corpo forestale della Regione siciliana. La norma prevede una spesa di circa 22,5 milioni di euro in più che corrispondono “da un lato all’adeguamento al contratto nazionale e dall’altro agli “arretrati contrattuali spettanti per gli anni 2021 e 2022”. Per il singolo si tratta di poca cosa, un aumento compreso tra i 50 e i 100 euro lordi al mese in ogni busta paga. In totale, però, lo stanziamento per i forestali è di circa 220 milioni di euro. Orbene, il Canada ha un’estensione di foreste di oltre 400.000 km quadrati ed un corpo forestale che conta circa 4.200 Rangers (paragonabili al nostro Corpo Forestale), in Sicilia si rilevano 3.381 chilometri quadrati di boschi che vengono controllati e curati da oltre 17 mila guardie forestali, di cui la maggior parte sono precari. Un’attenta e oculata amministrazione ben potrebbe valutare di assumere in modo stabile un numero congruo di addetti, dando dignità ai lavoratori e progettualità per il futuro, ma anche eliminando gli sprechi e il clientelismo elettorale del caso.
Nel resto del mondo vengono tagliati i costi stellari di politici e collaboratori, ma in Italia le indennità dei deputati non conoscono crisi. L’aumento degli stipendi dei deputati siciliani, come pure quelli nazionali, è uno schiaffo ai cittadini che vedono crescere il costo delle bollette, del carburante, della spesa, del biglietto dell’autobus, la rata del mutuo, mentre le loro entrate sono sempre più misere, senza alcun adeguamento o agevolazione. Il Rapporto sulla situazione sociale dell’Italia è drammatico, le famiglie che vivono in condizione di povertà assoluta nel nostro Paese sono in vertiginoso aumento. Con una cifra che verosimilmente oscilla tra 9.5-10% della popolazione, sono milioni le persone in grave difficoltà da non riuscire a far fronte nemmeno alle spese minime per la sopravvivenza. Oltre un italiano su quattro è a rischio povertà o esclusione. Lo stipendio di un solo mese di un politico è quasi pari ad un intero anno di lavoro di un operaio, con una sproporzione immane. Così come la situazione degli anziani, spesso con la pensione minima di poche centinaia di euro, è uno spaccato angosciante di un’Italia che viaggia su realtà parallele senza alcun punto di incontro. Una sproporzione che non trova giustificazione alcuna e che fa sembrare ancora più grottesca la narrazione per cui tali retribuzioni servano “per garantire autonomia, disciplina e onore” (incorruttibilità?). Una distorsione che aumenta le distanze tra i cittadini e le istituzioni, uno scollamento esistente e perdurante acuito anche da una sfrontata mala gestio della res publica.