SALVINI, NO GRAZIE
«Nessun militare italiano andrà a combattere in Ucraina». Pace sì, ma solo quando conviene: il doppiogiochismo di Salvini.
Per questo, senza voler entrare nel merito del dibattito….
Matteo Salvini, leader della Lega e vicepresidente del Consiglio, ha voluto marcare una distanza netta da ogni ipotesi di intervento armato italiano nel conflitto russo-ucraino. Una posizione apparentemente coerente con l’articolo 11 della Costituzione, che ripudia la guerra. Infatti, la costituzione italiana prevede già che l’Italia non possa partecipare a missioni di guerra, quindi? Si tratterebbe eventualmente di una missione di “peacekeeping” (mantenimento della pace)a guerra finita e per far rispettare gli accordi.
Peccato che nella pratica politica, Salvini abbia più volte votato e sostenuto l’invio di militari in scenari di
conflitto attivo, spesso con motivazioni ben lontane dal semplice “mantenimento della pace”. A ben guardare, le parole del leader leghista sembrano più dettate dalla convenienza politica che da una reale coerenza con la sua storia personale e quella del suo partito.
Le missioni che la lega ha votato
Basta guardare i precedenti per rendersi conto che la posizione di oggi è ben più opportunistica che costituzionale.

- IRAQ: L’Italia è presente nell’ambito della missione “Prima Parthica”, ancora oggi attiva. L’intervento fu deciso nel 2003 dal governo Berlusconi, con la Lega al governo, e Salvini all’epoca deputato e sostenitore della maggioranza. Il contingente italiano opera ancora nell’area di Erbil come parte della missione Inherent Resolve, iniziata nel 2014: Salvini era già segretario della Lega, e ha continuato a votare i rinnovi della missione.
- AFGHANISTAN: Anche qui, fu il governo Berlusconi (con la Lega) a decidere l’invio delle truppe nel 2002. L’Italia partecipò attivamente alla missione NATO ISAF e poi a Resolute Support. Migliaia di soldati italiani hanno operato in un Paese in guerra, spesso in aree ad altissimo rischio. Anche in questo caso, la Lega ha sempre votato a favore.
L’Italia è inoltre impegnata in missioni di pace e addestramento, come la missione KFOR in Kosovo e le missioni di addestramento in Somalia, Gibuti e Mozambico, nell’area dello Stretto di Hormu, Sahel e Golfo di Guinea, nella Missione Militare Bilaterale Italiana in Libano (MIBIL)
Il contesto attuale è chiaro: si parla dell’ipotesi di una missione internazionale futura in Ucraina, una volta cessate le ostilità. Salvini si affretta a precisare che non manderà “nemmeno un uomo”, cercando di intercettare il sentimento anti-interventista di una parte dell’elettorato. Ma al momento nessuno ha proposto l’invio di truppe in combattimento, mentre si discute di possibili missioni NATO o UE post-conflitto.

Allora a cosa serve questa uscita? Come sempre a fare propaganda. A fingere un “no alla guerra” che nella pratica la Lega non ha mai davvero sostenuto, se non quando tornava utile a fini politici.
Parlare oggi di pace e neutralità, dopo anni di approvazioni a missioni militari in zone di guerra, è poco più che una foglia di fico per nascondere le contraddizioni di una linea politica che cambia a seconda del vento elettorale.