Venezuela in piazza contro il regime
8 morti nelle proteste degli ultimi giorni. La crisi economica e la mancanza di libertà i motivi della protesta
Non solo Ucraina, anche il Venezuela è in fiamme. Sono ormai tre settimane che i venezuelani scendono in piazza, i motivi, oltre alla totale mancanza di libertà, sono l’inflazione galoppante (ha toccato quasi il 60%), la disoccupazione e la mancanza di beni di prima necessità.
Già sono 8 le vittime e il rischio di un’escalation è dietro l’angolo. Il governo chavista di Maduro ha inasprito la repressione soprattutto nei confronti di giornali e tv, già sotto Chavez il governo aveva messo le mani su tv e giornali sia pubblici che privati silenziando ogni voce critica, ora anche i social network, come Twitter, subiscono la censura del regime venendo oscurati.
Gli unici media che sono riusciti a dare voce all’opposizione sono una tv satellitare, presto censurata, e la CNN ai cui reporter viene reso quasi impossibile il lavoro con il ritiro di tutti gli accrediti e pass. È questo il motivo per cui le informazioni da Carcas arrivano con il contagocce, ad essere nel mirino non sono solo i giornalisti locali ma anche quelli stranieri, sono infatti quasi 60 le aggressioni denunciate in questi giorni dai reporter.
A rendere ancor più complicate le cose è la spaccatura in seno all’opposizione. Henrique Carillas, governatore dello Stato di Miranda, non vede di buon occhio le proteste di piazza perché, sostiene, daranno la scusa a Maduro per aumentare la repressione. Più radicale è Leopoldo Lopez che invita, soprattutto i giovani, a continuare a protestare fiducioso nella possibilità di dare una spallata al regime. A giudicare da queste prime settimane sembra aver ragione Carillas, infatti non solo il governo non è arretrato di un passo ma, dopo aver utilizzato polizia ed esercito contro la piazza, avrebbe scatenato contro gli oppositori i colectivos, ovvero delle formazioni paramilitari, nate nelle favelas, e parte più radicale e violenta dei chavisti.
Anche la comunità internazionale è spaccata. I Paesi sudamericani, che godono di forti sconti sul petrolio venezuelano, preferiscono non metter becco sulle proteste derubricandole ad “affare interno”; USA e UE, dall’altro lato, sembrano propendere dalla parte dell’opposizione, ad ogni modo fino ad oggi non si è andati oltre le dichiarazioni di principi. Da segnalare però una possibile svolta arrivata nelle ultime ore, il presidente Maduro avrebbe chiesto a Barack Obama di farsi mediatore con le opposizioni. Se è soltanto un bluff per prendere tempo o l’inizio della fine del regime al momento non è dato sapersi.