Ungheria verso la deriva antidemocratica.
La Ue assiste passivamente al declino di una parte dell’Europa, che invece dovrebbe allarmare per i richiami, talora inquietanti, a tragedie passate.
C’è uno Stato membro della Ue che ogni giorno di più appare procedere verso una dittatura di stampo nazifascista. Ma non sembra che le istituzioni della Comunità, che prima di tutto dovrebbero difendere la democrazia, se ne stiano preoccupando granché, affaccendate invece in calcoli bottegai.
E’ di questi giorni la notizia, diffusa dal quotidiano “Nepszabadsag” e ripresa dai principali organi d’informazione europei, secondo la quale le ferrovie ungheresi hanno trasportato i profughi buttati sul pavimento e ammassati letteralmente uno sull’altro in vagoni con le porte chiuse dall’esterno, vagoni altrimenti adibiti al trasporto delle biciclette, e isolati dal resto dei passeggeri, divisi anche per razza e sui vagoni campeggiavano cartelli dove a chiare lettere stava scritto” questo vagone viaggia con le porte chiuse”. Appena arrivati a Budapest i profughi sono stati rinchiusi dentro il filo spinato, senza alcuna assistenza da parte pubblica, di nessun tipo, neanche per la cura di piaghe prodotte dal viaggio da bestie, se non fosse stato per coraggiosi volontari privati. Non possono non venire in mente i vagoni piombati di triste memoria, mentre intanto l’esercito ungherese continua alacremente ad innalzare un muro per proteggere il suolo nazionale dagli emigranti. La barriera raggiungerà i 4 metri d’altezza e correrà per 175 chilometri lungo il confine serbo. Altri cattivi ricordi che affiorano, ma non per la Ue, che non si indigna.
“Resistete ad Arturo Ui” recita l’appello dell’Ungheria antifascista riferendosi all’opera di Bertold Brecht sull’ascesa di Hitler. Il nuovo nazifascismo che avanza nel cuore dell’Europa ha un primo ministro di riferimento: si tratta di Viktor Orban, al potere in Budapest. Contro l’opposizione si muove l’apparato di repressione costituito dalla Guardia Nazionale ungherese, la milizia, il corpo paramilitare e filonazista del partito estremista Jobbik.
Nel cuore dell’Unione europea c’è, dunque, un Paese con un governo ultranazionalista che reprime il dissenso, retto da un partito antisemita che “mette ordine” contro dissidenti e “rom” con la sua delirante milizia, come durante altre vicende storiche spaventose. Gli estremisti di Jobbik, con il 17% dei consensi appoggiano Orban e rappresentano l’avanguardia dei movimenti populisti e xenofobi che stanno invadendo l’Europa. Ma è evidente che per uomini come Martin Schulz, il conclamato socialista Presidente del Parlamento europeo, non sono i nazifascisti a preoccupare ma i “rossi”. Infatti non vengono minimamente smossi dai pestaggi violenti al grido di “sporchi ebrei, traditori della patria”, mentre la polizia sta a guardare; neanche dal governo che stila liste nere di oppositori che diffamerebbero il Paese; nemmeno dal fatto che vengono licenziati professori, giornalisti, perfino attori e vengono chiusi giornali, radio, teatri. Ma i signori delle istituzioni europee paiono temere di più strumenti democratici come il referendum.
Nel programma economico di Orban la classe dominante è la borghesia cristiana, quella con le ville sulle colline di Buda. E’ stata introdotta la “flat tax”: tutti i redditi vengono tassati con un’aliquota unica e fissa del 16%, qualunque sia il reddito. Offensivamente ingiusto ovunque e folle per un paese alla bancarotta come l’Ungheria dell’estrema destra con un livello di indebitamento enorme del 77,7% del Pil e con la crescita più bassa di tutto l’est Europa.
Ma per uomini e donne come Schulz, Juncker e Merkel non sono veramente neanche i conti in rosso a impressionare ma i soliti “comunisti” che,invece di accettare la regola del pareggio di bilancio come sommo bene, chiedono una Europa democratica di eguali.