Terra dei fuochi, Mipaaf: a rischio solo il 2% dei terreni agricoli
Entro 90 giorni, il governo vieterà la vendita dei prodotti ortofrutticoli provenienti dai siti inquinati
Il Ministero delle Politiche agricole ha reso noti i risultati delle indagini tecniche per la mappatura, in Campania, dei terreni destinati all’agricoltura. A distanza di tre mesi dal decreto legge per la Terra dei fuochi, approvato dal governo Letta, sono state analizzate, in via prioritaria, aree che insistono su 57 comuni, 33 in provincia di Napoli e 24 in provincia di Caserta. Una superficie pari a 1.076 km quadrati sulla quale, per anni, sono stati sversati e smaltiti illegalmente rifiuti.
Le analisi hanno rivelato che solo 21,5 km quadrati, il 2% della superficie totale, è risultato a rischio e, di questi, 9,2 km quadrati sono destinati alla produzione agricola. Le aree ritenute sospette sono 1.622. Sono quelle in cui i rifiuti sono stati sversati in superficie (362), sono stati interrati scavando e movimentando il terreno (282) o quelle in cui, secondo il cosiddetto modello sandwich, si sono susseguite sequenze di scavi, movimenti terra e ricoprimenti (158). Spesso, per comporre l’ultimo strato di copertura del sandwich, sono stati utilizzati rifiuti in superficie (686) e, per occultare lo smaltimento illecito, su alcuni terreni sono stati appiccati incendi (94). In 40 siti, coltivati per 0,3 km quadrati, è stato addirittura determinato un cambio anomalo di uso del suolo.
I campi avvelenati sono stati classificati in base a una scala di livelli di rischio, individuati sulla scorta di indagini analitiche sui prodotti e sul terreno, di trincee e carotaggi del suolo, di rilevazioni fotografiche aeree. Il gradino più alto della scala è il livello 5, che registra valori massimi di inquinamento. Nella zona rossa, quella che richiederà interventi urgenti entro i prossimi 90 giorni, i fondi a destinazione agricola si estendono per 64 ettari, distribuiti in 51 siti.
La maglia nera è stata assegnata a 7 i siti che raggiungono livelli di rischio pari a 5: qui la concentrazione della soglia di contaminazione (Csc) registrata è superiore a 10. Sulla scorta di foto aeree, che registrano le variazioni di campo magnetico del terreno, segnalando la presenza di rifiuti interrati, e con l’utilizzo di georadar, che misurano la profondità degli scavi, sono state mappate anche le aree contigue, entro 10 m, ai siti avvelenati. La superficie agricola coperta da coltivazioni ortofrutticole, nei 7 siti, è di 16,5 ettari.
La concentrazione di inquinanti, determinata sulla scorta delle sole indagini analitiche, è superiore a 10 e tocca il livello 4 della scala di rischio in 40 terreni, sui quali si estendono 40 ettari a destinazione agricola. Sono compresi nel livello 3 della scala di rischio, invece, i terreni in cui gli inquinanti raggiungono valori compresi tra 2 e 10 e vi è una corrispondenza con le rilevazioni fotografiche. Gli ettari coltivati sono 8,1, distribuiti in 4 siti.
I restanti 1.395 siti sono stati mappati e classificati come aree a livello di rischio 2, con concentrazioni di inquinanti, rilevate su dati analitici, comprese tra 2 e 10. Si interverrà su queste aree, secondo un criterio di urgenza, entro 180 o 360 giorni. Sono invece 176, in media di un ettaro ciascuno, i terreni coltivati in cui il livello di inquinanti è compreso tra 1 e 2.
“Proviamo a restituire, in tempi brevi, una parte produttiva importante all’economia di una regione italiana su cui insite una mole di terreni agricoli che produce redditività”, ha dichiarato il ministro all’Agricoltura, Gian Luca Galletti, e ha annunciato che, entro 90 giorni, per garantire la sicurezza delle produzioni ortofrutticole, un decreto interministeriale sancirà quali sono le aree no food e vieterà la vendita dei prodotti provenienti dai siti incriminati.