Terra dei fuochi: funerali solenni per Roberto Mancini
L’appello della moglie, Monica, è non fermarsi, ma continuare la battaglia per la Terra dei fuochi
Funerali solenni per Roberto Mancini, il sostituto commissario della Polizia di Stato ucciso, a 54 anni, dai veleni della Terra dei fuochi. Li ha celebrati, questa mattina nella Basilica di San Lorenzo al Verano a Roma, don Maurizio Patriciello, il parroco di Caivano.
La Basilica è a pochi passi dal Commissariato di frontiera presso il quale Roberto prestava ancora servizio. La chiesa era gremita di amici, colleghi e semplici cittadini. Una folla commossa ha stretto in un abbraccio la moglie, Monica, e la figlia, Alessia.
Sul sagrato, ad accogliere il feretro, c’era il picchetto d’onore. Tra i banchi, in chiesa, anche i vertici e il Capo della Polizia di Stato, Alessandro Pansa. Proprio a loro, un poliziotto del sindacato del Siulp ha rivolto un appello: riconoscere a Roberto Mancini lo status di vittima del dovere. Infatti, Mancini è stato colpito dal linfoma di non Hodgkin in servizio, mentre indagava sul traffico dei rifiuti tossici e velenosi nella Terra dei fuochi.
Il silenzio dello Stato è stato colpevole e ancora imbarazza.
Dal pulpito, a chiare lettere don Patriciello ha invitato le autorità, la politica, a non lasciare sole le persone che combattono per il bene comune, a non abbandonarle. E’ già successo con Vincenzo Liguori, il coraggioso vigile di Acerra isolato per avere scoperto e denunciato numerose discariche a cielo aperto. Lo hanno ucciso il tumore e la solitudine.
«Roberto Mancini, ha ricordato nell’omelia il parroco di Caivano, pur non essendo napoletano o campano, è stato uno di noi. Ha compreso molto prima di noi cosa stesse succedendo in quelle terre. Mancini si è dedicato al suo lavoro con un’infinita passione, lo ha fatto per la gente, ma troppo spesso è stato inascoltato».
Nella striscia di terra tra Napoli e Caserta si continua a dare alle fiamme rifiuti, ogni giorno, più volte al giorno. I roghi proseguono, ha rammentato don Patriciello e ha precisato che quella terra lui preferisce chiamarla la Terra dei fumi. Tra le righe non è stato difficile leggere che non basta un decreto o una legge per sentire la coscienza più leggera. Nella terra di Gomorra la popolazione continua a respirare veleno, eppure sui cartelloni 6 metri per 3, certa parte della politica si arroga la vittoria della battaglia della Terra dei fuochi e ne fa messaggio elettorale.
Il monito del parroco di Caivano alla politica è mettersi al servizio del popolo, della gente: è l’unico auspicio perché la nostra terra possa risorgere.
Nella Basilica di San Lorenzo ci sono anche le mamme vulcaniche. Monica, la moglie di Mancini, si rivolge a loro: “continuiamo a manifestare, ha detto con voce rotta dall’emozione, continuiamo a chiedere i nostri diritti, facciamolo per noi e per i nostri figli. L’appello è quello di portare avanti la battaglia per la Terra dei fuochi a continuare quello che Roberto ha cominciato, un’indagine portata avanti con il cuore e con l’anima”.
«La vita è soltanto una prova», ha detto sull’altare la dolce Alessia, figlia tredicenne di Mancini. «Una prova che mio padre ha dovuto superare prima del tempo». E ha raccontato che «una volta ho chiesto a mio nonno perché muoiono sempre i buoni, i giusti. Mio nonno mi ha risposto: se ti trovassi in un prato quali fiori raccoglieresti quelli belli o quelli brutti?»
«Mio padre – ha concluso piena di orgoglio e con fermezza disarmante Alessia – è il padre che tutti desiderano. Era un eroe. Ha dei nemici? Bene, questo vuol dire che ha lottato per qualcosa. La sua unica debolezza è stata la morte. Chiedo solo una cosa, non usate questa debolezza per affermare la vostra forza».