Talent? Anche i bambini: l’importante è apparire.
Da Anna magnani ai genitori di oggi.
Il mondo dello spettacolo è sempre stato un luogo ambito, ricco di luci, glamour e sogni. Ma se per molti adulti la carriera nel cinema, nella musica o nella danza è il culmine di una passione, per alcuni genitori di oggi sembra essere una strada obbligata per i propri figli. Il concetto di “talento” è cambiato nel corso degli anni, soprattutto quando riguarda i più piccoli. Se un tempo i sogni dei bambini si misuravano con la libertà di esprimersi e giocare, oggi spesso si intrecciano con le aspirazioni di genitori che vedono nel successo di un figlio un riflesso delle proprie ambizioni non realizzate. È davvero il bambino a volere questa carriera, o è la proiezione dei desideri dei genitori?
Un parallelo interessante si può fare con il film del 1951 di Luchino Visconti, Bellissima, che racconta la storia di una madre, interpretata da Anna Magnani, disposta a fare di tutto pur di lanciare sua figlia nel mondo dello spettacolo. La bimba in questione, tuttavia, non sembra avere particolari doti, ma la madre, intrappolata nel sogno di una vita migliore, crede fermamente che il successo nel cinema rappresenti la via di fuga da una realtà sociale e culturale difficile.
Nel film, la figura di Anna Magnani incarna l’aspirazione di molte mamme di allora, che vedevano nel talento e nel successo dei propri figli una possibilità di riscatto e una sorta di immortalità. Oggi, però, sebbene i tempi siano cambiati, sembra che alcune dinamiche siano rimaste le stesse. È vero che il panorama televisivo e musicale si è evoluto, ma spesso le nuove generazioni vengono spinte in un vortice di concorsi e talent show senza chiedersi se davvero lo vogliano.
Oggi, infatti, i bambini non sono più semplici spettatori di un mondo dello spettacolo che osservano con occhi sognanti: diventano protagonisti, anche troppo presto. Le bambine che partecipano a concorsi di ballo sono un esempio evidente di questa tendenza. Spesso, queste piccole danzatrici si esibiscono con movenze sensuali e provocanti, lontanissime dalla loro età. In alcuni casi, la loro performance sembra più una corsa verso una visibilità adulta che una manifestazione di un autentico interesse per la danza. Non è raro che dietro queste scelte ci siano genitori che spingono i figli verso una carriera che credono possa garantire loro successo e visibilità, dimenticando che il corpo e la psiche di un bambino non sono pronti a gestire tali pressioni.
E poi ci sono i talent show, come quelli di Rai e Mediaset, dove i giovanissimi si esibiscono cantando canzoni d’amore, temi che, purtroppo, spesso non riescono a comprendere nella loro profondità. Questi bambini, guidati dalla loro passione per la musica e dalla voglia di emergere, si ritrovano a interpretare emozioni che non appartengono loro. Ma la
competizione è spietata e la visibilità che offre la televisione diventa un’ossessione. È una corsa verso il successo che ha poco a che fare con l’autenticità e molto con la pressione esterna.
Purtroppo, uno degli elementi che ha ulteriormente complicato questo quadro è l’avvento dei social media. Instagram, TikTok e YouTube hanno amplificato le aspirazioni di molti genitori, che spesso espongono i
propri figli pur di accumulare like, follower e visualizzazioni. I bambini, inconsapevoli di cosa stia realmente accadendo, diventano strumenti di visibilità e consumatori di un’industria che non ha alcuna considerazione per la loro crescita emotiva o psicologica. È diventato un obiettivo sociale avere una “star” tra le proprie fila, a tutti i costi, senza preoccuparsi troppo delle conseguenze a lungo termine.
Il rischio, in questo contesto, è che i bambini non solo diventino protagonisti di un mondo che non è il loro, ma che anche la loro infanzia venga stravolta. La corsa al successo, in un’epoca in cui tutto è misurato e giudicato in tempo reale, toglie loro il diritto di vivere serenamente le fasi più naturali della crescita. La voglia di emergere diventa l’unico obiettivo da raggiungere, mettendo in secondo piano la necessità di una crescita equilibrata, che tenga conto delle emozioni e delle esperienze quotidiane.
È importante ricordare che il talento, quando genuino, è qualcosa che nasce da un desiderio autentico, non imposto. I bambini dovrebbero essere liberi di esplorare le proprie inclinazioni senza sentirsi schiacciati dalle aspettative degli altri. Ogni bambino ha bisogno di tempo, di gioco, di spazi per crescere, non solo di competizioni. Invece di spingere i piccoli a diventare delle mini-celebrità, sarebbe bello se si riscoprisse il valore di progetti che celebrano la bellezza dell’infanzia, della curiosità e della creatività senza fare pressione per ottenere un successo immediato.
Si è vero, in certi anni nella società bene, mentre i bambini veniva avviati dal padre ad intraprendere attività che avrebbero accentuato l’essere un vero “maschio”, (guai ad avere aspirazioni per la danza, giusto per ricordare un altro film), le bambine erano spesso obbligate a studiare il pianoforte. Non per fare moralismo, ma: dove è finito lo Zecchino d’Oro? Un tempo, questa rassegna di canti per bambini rappresentava un momento genuino, in cui i piccoli talenti si esprimevano senza pressioni, con canzoni che parlavano del loro mondo e della loro età. Non c’era bisogno di essere “adulti” per apparire credibili, ma solo di cantare con il cuore. Oggi, il panorama sembra cambiato. Dove una volta c’era spazio per la leggerezza dell’infanzia, ora sembra regnare l’idea che il talento debba essere subito competitivo e misurabile in termini di visibilità e successo immediato.