Pubblicato: gio, 5 Dic , 2013

Stato-mafia, parla pentito Messina: «Volevo uccidere Bossi»

Cosa nostra sognava una Lega Sud. Per realizzarlo acquistò dalla ‘ndrangheta bazooka e kalashnikov

l43-umberto-bossi-120405190810_big«Un giorno c’era Umberto Bossi a Catania e io dissi a Borino Micciché: “Questo ce l’ha con i meridionali , dice che siamo dei cornuti, delle merde. Vado e l’ammazzo”. Mi disse di fermarmi: questo è solo un pupo. L’uomo forte della Lega è Miglio, che è in mano ad Andreotti». A parlare è il pentito Leonardo Messina, ex boss di San Cataldo, ascoltato oggi nella nuova udienza del processo per la trattativa Stato-mafia.

Nella sua ampia deposizione, l’ex braccio destro di Giuseppe “Piddu” Madonia, storico capomafia di Caltanissetta legato ai corleonesi, ha parlato anche del progetto separatista di Cosa Nostra. Un progetto che prevedeva la creazione di un movimento indipendentista, omologo meridionale della Lega Nord: «Si sarebbe creata una Lega del Sud e la mafia si sarebbe fatta Stato».

Per realizzare questo obiettivo, all’inizio degli anni ’90, i malavitosi siciliani erano pronti «ad acquistare dalla ‘ndrangheta una grossissima partita di armi investendo circa 2 miliardi di lire». Secondo il collaboratore di giustizia, le armi – bazooka, kalashnikov e pistole – dovevano servire al progetto separatista voluto dalla mafia. «Decidemmo di comprarle dai calabresi perché erano gli unici in grado di darci quello che cercavamo, in grandi quantità. Ci assicurarono che avremmo potuto comprare un’intera nave di armi. E quando si acquistano così tante armi è perché ci si prepara alla guerra, non certo piccoli omicidi». Ma “l’affare” alla fine non si concluse. A suo dire, la ‘ndrangheta si serviva di pedine e lui era una di quelle. Poi Messina venne arrestato e il suo referente mafioso, il capomafia di Enna Borino Miccichè, fu assassinato.

Messina ha poi aggiunto che «in Cosa nostra si diceva che Andreotti era uomo d’onore, che era “punciuto” (affiliato formalmente, ndr) e che ci avrebbe garantito al maxiprocesso: si riteneva che sarebbe finito in una bolla di sapone. Poi quando si seppe che non sarebbe più stato il giudice Carnevale a presiedere il collegio giudicante, si capì che i politici si erano allontanati».

«Allora ci si cominciò a lamentare di Salvo Lima e Giulio Andreotti – ha spiegato – e si disse che non erano più in grado di garantire nulla».

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