Stamina non è una cura, ma offre tracce di speranza
Appello al ministro Beatrice Lorenzin: subito un tavolo scientifico con i pediatri dei bambini già in cura
“Il metodo Stamina non è una cura, forse non lo sarà mai, non lo sappiamo, ma abbiamo delle tracce interessanti che vanno approfondite”. Non ha usato giri di parole oggi a Roma, alla conferenza stampa dei genitori dei bimbi infusi con il metodo Stamina, Marcello Villanova, il neurologo e pediatra dell’ospedale Nigrisoli di Bologna. Ha un piglio umile ma molto sicuro di sè, il dottor Villanova. Tira fuori dalla borsa di ricercatore tante carte: sono pubblicazioni che attestano quanto sia noto e diffuso l’uso di queste cellule mesenchimali nel mondo. La novità del metodo Stamina è stato averle infuse su malati di malattie tanto rare, quanto mai studiate prima e per le quali, ad oggi, non vi è alcuna cura possibile. Marcello Villanova è un medico, che ha in cura il piccolo Sebastian, affetto dalla nascita dalla Sma di tipo 1a, la forma più severa di distrofia, che non fa superare i due o quattro anni di vita. Anche lui, come la la pediatra Imma Florio, che segue Sofia, va a visitare i malati, le loro case, ascolta i preziosi racconti dei genitori, studia ogni dettaglio di quello che non può essere solo una cartella clinica. “Non troverete molto dalle cartelle cliniche dei pazienti curati agli Spedali di Brescia se non gli esiti degli esami fatti prima e dopo le infusioni, non era compito di quei medici studiare altro”, aggiunge Villanova. Concordi i medici presenti che con le cure compassionevoli non si può andare ad oltranza, non servirebbero a nessuno. Occorre sapere, confrontare i parametri, fare i video su ogni singolo cambiamento, creare una scala sulla funzionalità di partenza di questi malati e quella in progressione dopo le infusioni. Tutto va documentato, tutto in un’ ottica di studio vero. La richiesta è condivisa anche dai genitori, oggi presenti, che chiedono la sperimentazione, ma di non ripartire da zero, ci sono i loro casi a dire qualcosa in più di prima, nel bene o nel male hanno un valore. Il problema è che, aldilà dei certificati descrittivi di alcuni cambiamenti nella qualità della vita di alcuni malati infusi con le cellule, manca l’impostazione organizzata.
I certificati medici tracciano degli impercettibili, ma significativi cambiamenti: molto interessanti quelli di Celeste, il caso tra i più difficili, bambini così non si muovono, non si girano su di un fianco. Ora Celeste, dopo la quarta infusione, ha un video in cui lo tenta e lo fa, ma nessuno sa se e per quanto tutto questo durerà. “Ho verificato miglioramenti che mi hanno colpito, ma parlare di risultati mi sembra irrisorio”, conferma Villanova. La cura per questi malati è impossibile, ma i genitori, è chiaro, si accontentano di vederli soffrire di meno: piangono di gioia quando danno meno antibiotici ogni mese, o possono diminuire il numero delle aspirazioni del muco per farli respirare, o farli smettere, com è il caso di Sofia di piangere ad oltranza. Tutto qui, sembrerebbe poco, ma la sequenza della lettura dei casi e le slides proiettate sullo schermo dei labili ma ufficilai certificati osservazionali dei cambiamenti clinici, inducono ad un quesito: cosa è successo davvero in questo Paese perchè il clima infuocato che oggi si respirava arrivasse a tanto disprezzo da una parte, soprattutto dai genitori verso i politici ed i giornalisti e dall’altra verso i ciarlatani truffatori che vendono facili promesse? Siamo arrivati ad un bivio: la politica deve riorganizzare il tavolo del dialogo, alla luce degli errori commessi da entrambe le parti, afferma il padre di Federico, che sprona ad andare avanti e a far sedere al tavolo degli scienziati anche i medici che hanno osservato e apprezzato i mutamenti nella qualità di vita di alcuni di questi malati.
Loro, lo sanno, questi bambini da un momento all’altro, sotto i loro occhi, torneranno angeli, ci dice la madre di Ludovica. Ma la ricerca deve essere pronta ad accogliere nuove sfide, ad incuriosirsi laddove qualcosa si muove per la salute di tutti, forse. Così, da Miami, in gennaio, Camillo Ricordi, uno dei più noti ricercatori nel mondo di cellule staminali mesenchimali cercherà di caratterizzare meglio o comunque di studiare daccapo le cellule utilizzate per le infusioni del cosiddetto metodo Vannoni. Le risposte esaustive non ci saranno, è improbabile, ma di certo riformulare meglio le domande sarebbe già un traguardo per tutti. Se poi Vannoni sia o non sia un abile manovratore speriamo che non debba più interessarci, se si farà chiarezza si aprirà un intelligente confronto pubblico istituzionale tutta la difficile partita della scienza del terzo millennio.
La dichiarazione del signor Guercio, padre di Celeste: