Pubblicato: Lun, 31 Dic , 2012

Sfruttamento dei lavoratori migranti

Amnesty International ha lanciato un rapporto sull’Italia dedicato allo sfruttamento dei lavoratori migranti nel settore agricolo italiano.

 

NEWS_87501Di Vito Campo – “L’Italia deve rivedere le politiche che contribuiscono allo sfruttamento dei lavoratori migranti e che violano il loro diritto a condizioni di lavoro giuste e favorevoli e all’accesso alla giustizia”. Questo è quanto affermato da Amnesty International, con riferimento alla pubblicazione di un rapporto sullo sfruttamento dei lavoratori migranti nel settore agricolo italiano. In particolare, il rapporto prende in esame alcune gravi forme di sfruttamento perpetrate sui lavoratori migranti provenienti da paesi dell’Africa subsahariana, dell’Africa del Nord e dell’Asia, impiegati in lavori poco qualificati, spesso stagionali o temporanei, “per lo più nel settore agricolo delle province di Latina e Caserta”. Il rapporto, comunque, precisa come lo sfruttamento dei lavoratori migranti “è diffuso in tutto il paese”. “Nell’ultimo decennio le autorità italiane hanno alimentato l’ansia dell’opinione pubblica sostenendo che la sicurezza del paese è minacciata da un’incontrollabile immigrazione ‘clandestina’, giustificando in questo modo l’adozione di rigide misure che hanno posto i lavoratori migranti in una situazione legale precaria, rendendoli facili prede dello sfruttamento”. In questi termini si è espressa Francesca Pizzutelli, ricercatrice del Segretariato Internazionale di Amnesty International nonché autrice del rapporto. Attività di controllo dell’immigrazione che – secondo Pizzutelli – pur costituendo un interesse di ogni Stato, non deve ledere i diritti umani fondamentali: “Il controllo dell’immigrazione può costituire un interesse legittimo di ogni stato, ma non dev’essere portato avanti a danno dei diritti umani di coloro che si trovano nel suo territorio, lavoratori migranti inclusi”. Accanto alle difficoltà oggettive, generate dal fatto di essere uno straniero in “terra straniera”, si aggiungono quei fattori che oltre a costituire delle vere e proprie violazioni dei diritti umani, rendono la vita di questi lavoratori migranti davvero difficoltosa oltreché ingiusta, tra le quali: “paghe ben al di sotto del salario concordato tra le parti sociali, riduzioni arbitrarie dei compensi, ritardato o mancato pagamento, lunghi orari di lavoro”. Un problema che secondo Pizzutelli è “diffuso e sistematico”. Le attuali politiche italiane – fa rilevare Amnesty – sono tese a controllare il numero dei migranti in entrata stabilendo delle quote d’ingresso per i diversi tipi di lavoratori nonché rilasciando permessi sulla base di un contratto scritto. Queste quote, tuttavia, “sono molto inferiori all’effettivo fabbisogno di lavoratori migranti”. Secondo l’organizzazione non governativa per i diritti umani, il sistema vigente in Italia “oltre a essere inefficace e a prestarsi ad abusi, incrementa il rischio di sfruttamento del lavoro dei migranti”. Inoltre, i datori di lavoro “preferiscono assumere lavoratori già presenti in Italia a prescindere dalle quote d’ingresso fissate dal governo”. Il permesso scaduto e la difficoltà, dopo aver ottenuto il visto d’ingresso, ad ottenere il permesso di soggiorno, costituiscono le principali cause attraverso le quali molti lavoratori migranti finiscono per trovarsi senza documenti che ne attestino la presenza regolare in Italia, rischiando così l’espulsione. Per l’organizzazione Premio Nobel per la Pace, il quadro di tutele a favore dei lavorati migranti, non in regola con i documenti, appare poi fortemente limitato dalla previsione nella legislazione italiana del reato di “ingresso e soggiorno illegale”. A tal riguardo, fa rilevare Amnesty che “questa legislazione pone i lavoratori migranti nella condizione di non poter chiedere giustizia per salari inferiori a quanto concordato, per il mancato pagamento o per essere sottoposti a lunghi orari di lavoro. La prospettiva, per molti di loro, è che se denunciano lo sfruttamento vengono arrestati ed espulsi a causa del loro status irregolare”. Non è mancato poi un richiamo, da Pizzutelli, allo Stato italiano in materia di politiche immigratorie: “Le autorità italiane dovrebbero modificare le politiche in materia d’immigrazione concentrandosi prima e soprattutto sui diritti dei lavoratori migranti, indipendentemente dal loro status migratorio, garantendo loro un efficace accesso alla giustizia, istituendo meccanismi sicuri e accessibili per i lavoratori migranti che intendono presentare esposti e denunce contro i datori di lavoro, senza timore di essere arrestati ed espulsi”.

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