Pubblicato: Ven, 24 Gen , 2025

Senza spegnere la voce: la storia di Valentina Milluzzo.

In un libro la storia di una giovane deceduta per aver incontrato nel suo cammino un medico abortista.

Stamattina alle 11.30, nella Sala Conferenze Stampa della Camera dei Deputati, si è tenuta la presentazione di Senza spegnere la voce, libro scritto da Giorgia Landolfo e pubblicato dalla casa editrice Nous. A moderare l’incontro Gilda Sportiello, deputata col Movimento 5 Stelle che in apertura ha raccontato la propria esperienza d’aborto. Nel libro viene raccontata la storia di Valentina Milluzzo, morta il 17 ottobre 2016 nell’ospedale Cannizzaro di Catania in seguito a una complicazione della gravidanza gemellare dovuta a un’infezione. Dopo giorni di agonia Valentina Milluzzo è morta insieme ai feti che portava in grembo perché il dottore Andrea Benedetto Distefano si è rifiutato di procedere con l’aborto in quanto obiettore di coscienza.

«Questa storia serve a capire che non si tratta di casi isolati e che al posto di Valentina potrebbe esserci ognuna di noi» dice Giorgia Landolfo alla platea, composta quasi interamente da donne. A riempire l’uditorio anche diversi componenti del comitato scientifico, tra cui Marina Toschi esperta ginecologa.

«Bisogna far capire che l’aborto non è soltanto una libera scelta delle donne, ma una necessaria azione quando si mette in pericolo la vita delle donne» dichiara poi Lisa Canitano che, insieme all’autrice, ha redatto un vademecum contenuto nel libro. «Manderemo questo libro ai dirigenti degli ospedali per far capire loro che oltre ad uccidere le donne, l’obiezione di coscienza in alcuni casi può comportare guai penali quando ad andarci di mezzo è una vita umana» continua la ginecologa. Presente al tavolo anche Sasha Damiani, anestesista e formatrice. Grazie alla sua specializzazione ha potuto lavorare in tutti i reparti degli ospedali e questo le ha permesso di cogliere le differenze d’approccio verso i pazienti: «se da un lato in quasi tutti i reparti, ormai da molti anni, si tende a sostituire il sistema paternalistico, in ostetricia si è fermi agli anni ’50. Veniamo trattate come madri e come donne che possono incombere naturalmente in aborti e problemi legati alla maternità. Bisogna porre le dovute differenze tra normale e fisiologico. Non vogliamo essere soltanto donne a cui è normale che succeda qualcosa, vogliamo essere felici. Questa è violenza ostetrica».

Dopo un primo giro di interventi da parte delle relatrici viene invitata a parlare Angela Maria Milluzzo, sorella di Valentina, che ha lottato sin da subito in prima persona per portare l’accaduto davanti alla giustizia italiana: «io non sapevo neanche cosa fosse un obiettore di coscienza all’epoca. Pensavo, come ci avevano detto i medici, che la vita di Valentina non fosse in pericolo. L’hanno lasciata in uno stato terribile, impedendole di alzarsi dal letto per evitare le complicazioni della dilatazione dell’utero. Non mangiava neanche per evitare di dover andare in bagno».

L’inchiesta era partita dopo la denuncia da parte dell’avvocato Salvatore Catania Milluzzo a sostegno della sorella della vittima che si era costituita parte civile. L’obiezione di coscienza non viene mai citata negli otto anni di processi. Nell’ottobre del 2022 vengono assolti in primo grado “perché il fatto non sussiste” il primario di Ginecologia Paolo Scollo, il medico del reparto Andrea Benedetto Distefano e l’anestesista Francesco Paolo Cavallaro, mentre altri 4 medici in servizio in reparto e in sala parto vengono condannati a 6 mesi ognuno e a una provvisionale di 30 mila euro a Angela Maria Milluzzo. Dopo anni di battaglie legali l’11 novembre scorso gli imputati del caso Milluzzo vengono assolti del tutto in secondo grado. «Aspetteremo la pubblicazione della sentenza per leggere le motivazioni, ma non ci arrenderemo» commenta Giorgia Landolfo. «L’unica nostra arma è alzare la voce» conclude Lisa Canitano.

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