Pubblicato: Sab, 6 Ago , 2016

Sanità, L’istituto Santa Lucia è a rischio tracollo. Luigi Amadio: “La Regione Lazio ci dequalifica”. L’ autunno sarà caldo.

“L’Istituto Santa Lucia è una presenza di eccellenza della città di Roma e del Lazio”, aveva detto il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella il 24 febbraio. Ma i soldi della Regione Lazio per le prestazioni ad alta specialità non si vedono. Tutto da rinegoziare?  Interrogazioni parlamentari e regionali chiedono chiarezza una volta per tuttluigi Amadioe. E’ una questione politica. Ne è convinto Luigi Amadio, il direttore generale della Fondazione, pronto a non mollare.

– Sono preoccupato, molto preoccupato per la tenuta dell’istituto Santa Lucia – Lo ha detto chiaro e tondo ieri, in una lunga intervista a rete100 passi, Luigi Amadio, il direttore generale della Fondazione Santa Lucia. Un uomo appassionato alla sua creatura, che cura i dettagli in ogni cosa, un capitano che non abbandonerebbe mai la nave e non lo farà facilmente, ma i soldi attesi dalla Regione Lazio arrivano tardi e sono inadeguati secondo Amadio, rispetto alla complessità delle prestazioni erogate ed il rischio di  naufragare c’ è. Un’ esposizione di 90 milioni di euro di  debiti, di fatto crediti non pagati al Santa Lucia, anche dalla Regione Lazio,  negli anni. Circa 1000 dipendenti, che ad oggi hanno la priorità assoluta sui pagamenti, ma che presto, potrebbero non dormire sogni tranquilli. Per il direttore sanitario, Antonino Salvia, la situazione è da “codice rosso”. La questione con la Regione Lazio è antica, la Stalingrado rossa, così la chiama il direttore, va avanti da dieci anni. I debiti pregressi sono stati stabiliti con sentenze del Consiglio di Stato, ma ad oggi, c’ è stato solo un acconto.  Per il presente ed il futuro  non c’ è adeguatezza, sono state stabilite delle tariffe standard, sproporzionate per i nostri livelli, per il lavoro di equipe che viene fatto su ogni singolo paziente ed ora non ce la facciamo più – confessa Amadio – vogliamo chiarezza. Vogliono dequalificarci,  ma noi non possiamo rinunciare ai nostri standard, non possiamo ricevere il 50% dei costi effettivi come se facessimo una riabilitazione ortopedica invece che di alta specializzazione. Il  costo della riabilitazione neurologica ad alta specialità fu calcolato nel 2007 ed era di 517 euro per un ricovero intensivo, ora vogliono pagare 217 euro ricoveri e  per l’anno 2015 è stato riconosciuto un solo ricovero in alta specializzazione, in base al codice 75, stabilito nel 2014, che vale 470 euro a fronte di 2011 ricoveri (ordinari ed in day hospital) effettuati. La Regione Lazio è commissariata e questo prevede uno stretto controllo da parte del Governo sulla spesa, ma l’ultima decisione di attribuire l’alta specializzazione solo ai “semi morti”, come ha dichiarato  sarcasticamente la dottoressa Rita Formisano, neurobiologa, coordinatrice di gruppi di studio internazionali per la riabilitazione post coma, primario dell’Irccs Santa Lucia, non funziona strategicamente. -Noi dobbiamo dare speranza di vita e qualità di vita, proprio uscendo dall’emergenza, riabilitando anche a recuperare la quotidianità con la terapia occupazionale e coinvolgendo le famiglie nell’apprendere ogni cosa sul malato riabilitato, ma che andrà gestito. L’idea che esista una possibilità di riabilitazione sul territorio, nel Lazio, così completa e complessa, che possa sostituirci è irrealistico. – Parla la dottoressa Formisano con la passione che caratterizza tutto il personale qui nell’ospedale e sfogliando una Guida per i familiari del paziente comatoso e post comatoso che ci propone subito per farci capire, che il lavoro non finisce con le dimissioni dalla struttura.

Il dibattito politico-istituzionale

La questione politica non è chiara e si gioca a rimpiattino. Infatti, due  le interrogazioni parlamentari  alla ministra della Salute, Beatrice Lorenzin, già presentate alla Camera  dei deputati.  La prima del 7 luglio scorso,  depositata da  Stefano Fassina  e Gregori per Sinistra Italiana (SEL), l’altra del 13 luglio, presentata  in Commissione  Affari sociali, dalla deputata Laura Coccia (PD). Entrambe chiedono alla ministra della salute, di lavorare ad una soluzione, che non indebolisca né i livelli di assistenza garantiti, né la ricerca scientifica, definanziata del 28,6% , nonostante che la produttività (impact factor) della ricerca  del Santa Lucia sia salita del 77,63%.  Anche in Regione, il presidente Nicola Zingaretti, è stato interrogato da Francesco Storace (la Destra)  in particolare sulla modifica senza preavviso del meccanismo di calcolo della rimessa mensile a rimborso delle prestazioni erogate in convenzione con il Servizio Sanitario Regionale e sulla necessità di attivare la Giunta per un accordo definitivo sulla Fondazione Santa Lucia.

Appuntamento a settembre

A settembre ripartirà il tavolo a tre, ottenuto in via eccezionale per il caso Santa Lucia,  al ministero della Salute, con la Fondazione Santa Lucia e la Regione Lazio, ma non c’ è più tempo. A rischio  i fornitori e presto anche gli  stipendi, ad oggi ancora assicurati da Amadio, nonostante i  90 milioni di euro di debiti, di fatto, pari ai crediti insoluti, ci conferma il direttore.  Ma come si procederà al ministero, con quali criteri? La prima riunione c’ è stata pochi giorni fa ed era attesa dal mese di aprile.  Forse si cercherà  di valutare il grado di complessità delle diverse fasi dei  trattamenti che, nell’arco della degenza di un paziente da riabilitare, possono fluttuare. Servirà questo per fare nuovi calcoli sui soldi che servono, per spacchettare i codici con cui rimborsare, tirati sull’unghia, e valutare poi i soldi per la ricerca?  -Forse, scuote la testa Amadio, ma non so se sarà così e non so se sarà questa la strada. –  Per il coriaceo Amadio, occorre  vederci chiaro e decidere se l’ attività voglia essere  davvero sostenuta oppure no. Se è solo un modo per dequalificare e prevedere altro. Insiste, Amadio, sul fatto che si tratti di’ una questione politica e che la decisione vada  presa una volta per tutte. C’ è una storia da difendere dagli anni’ 60, ma soprattutto ci sono pazienti molto gravi, che fuori da qui, da Roma in giù ,non troverebbero assistenza adeguata. E questo è un fatto. – La gestione diretta di un struttura così da parte della Regione Lazio, costerebbe di più , anche se io volessi cedergliela, ed io, ad un privato non vendo. Si snaturerebbe tutto il progetto della Fondazione, che resta un ente no profit, con una idea molto precisa di assistenza – Conclude.

 

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