Pubblicato: Lun, 24 Nov , 2025

Ruotolo: “Media Freedom Act, governo inadempiente, UE solleciti paesi membri”

Il giornalista ed europarlamentare del PD: ”Libertà di stampa sotto attacco, serve riforma per sottrarre Rai al controllo del governo”. Interrogazione sul caso Nunziati.

La libertà di stampa sta vivendo un momento di crisi a livello globale e gli interrogativi sono innumerevoli. Se si guarda al contesto italiano, travolto dal caso Report fino ad arrivare al licenziamento di Gabriele Nunziati per “una domanda tecnicamente sbagliata”, sono diversi gli episodi che riflettono un quadro decisamente complesso del giornalismo nostrano. Di questo e tanto altro ha parlato in esclusiva ai nostri microfoni Sandro Ruotolo, giornalista ed europarlamentare del Partito Democratico. L’intervista:

Onorevole Ruotolo, il report realizzato quest’anno da Reporter senza Frontiere delinea un quadro disarmante della libertà di stampa in Italia, declassata al 49o posto. Qual è la sua analisi in merito?

«Intanto è sotto attacco la libertà di stampa per varie questioni. La prima: non ci sono né autonomia né indipendenza nel sistema radiotelevisivo italiano, come previsto dal Media Freedom Act. Serve una riforma della governance per togliere il governo dal controllo della più grande industria culturale e informativa italiana che è la Rai. In secondo luogo annualmente si registrano tantissime querele temerarie e sono un modo per intimidire i giornalisti. Si tratta soprattutto di querele provenienti dai rappresentanti delle Istituzioni, i quali inducono il giornalista a non realizzare più il lavoro d’inchiesta in modo autonomo e indipendente. Poi ci sono le minacce e le intimidazioni, lo abbiamo visto con vari episodi, come la bomba esplosa davanti l’auto di Ranucci, oppure la testa mozzata del capretto fatta recapitare a settembre presso l’abitazione della cronista di Fanpage a Monza. Oltre a ciò c’è addirittura il tentativo di controllo dell’AGI da parte di un deputato leghista che è anche il “ras” delle cliniche private di Roma, ossia Antonio Angelucci. Insomma, ci sono vari elementi che ci fanno riflettere, si pensi altresì all’aumento del numero dei giornalisti sotto protezione, equivalente a 29. Ci rientro anche io, essendo scortato in Italia dai carabinieri per una minaccia dovuta a una mia inchiesta giornalistica».

Nella sua lunga esperienza nel mondo del giornalismo, vede analogie tra l’attuale fase e i momenti di crisi del passato?

«In Italia si veniva uccisi in tempi di pace, lo testimoniano gli undici giornalisti ammazzati, di cui 9 dalla criminalità organizzata (vedasi il caso Siani ucciso dalla Camorra). Per questo è stato deciso di proteggere la categoria, dunque da questo punto di vista la situazione nel nostro Paese, rispetto agli altri stati europei, è migliorata ma dobbiamo tenere in conto l’incremento delle minacce, è questo il punto. È un aspetto molto grave: infatti le minacce avvengono in larga maggioranza attraverso Internet, attraverso le mail, i social e così via. Provengono pure dalla criminalità organizzata, per non parlare poi dell’odio politico e sociale. Insomma, da questo punto di vista credo che l’Italia sia in una posizione delicata di allarme democratico, certamente non possiamo dire che non ci sia la democrazia nel nostro paese, ma io sono convinto che la crisi della libertà di stampa coincida con quella della democrazia per come l’abbiamo conosciuta fino a oggi. Noi abbiamo il commissario europeo McGrath il quale sostiene che in Europa non è negoziabile la libertà di stampa, è un tratto identificativo dell’Ue democratica ma non c’è ombra di dubbio che il giornalismo sia sotto attacco in Ue, non solo nel resto del mondo. Si pensi ai 270 giornalisti uccisi nella Striscia di Gaza. Io sono reduce da una missione in Messico dove negli ultimi anni sono stati ammazzati 174 giornalisti; si pensi anche all’attacco all’informazione da parte di Trump. Detto ciò, la libertà di stampa è sotto attacco da parte delle destre liberali che stanno governando il mondo in questo momento. Si pensi anche a Orban, Netanyahu, Milei, la stessa Meloni»

L’Italia come si sta adeguando al regolamento europeo “Media Freedom Act”?

«Il dato evidente è che non c’è ancora un adeguamento italiano al regolamento europeo. Dopo quattro mesi dall’entrata in vigore del Media Freedom Act che si badi bene, non è un’optional, l’Italia si deve adeguare altrimenti parte l’infrazione della riforma della governance dell’azienda Rai. Inoltre non c’è ancora la riforma approvata in Parlamento. Siamo con il cartellino “giallo” da parte dell’Europa perché, tranne alcuni paesi come l’Ungheria dove i meccanismi di sanzioni sono partiti immediatamente, l’Unione Europea sta prendendo atto del fatto che in gran parte dei Paesi membri c’è una discussione per adeguarsi alle indicazioni europee. Visto il quadro italiano, sollecito l’Europa a chiedere agli stati membri di aderire al Media Freedom Act senza perdere più tempo».

Quindi parlando appunto dell’informazione pubblica e della situazione in cui verte la Rai, secondo Lei quali sono le garanzie istituzionali che servono per preservare l’indipendenza editoriale?

«Anzitutto occorre riformare l’attuale governance che prevede, da parte del governo, la nomina dei vertici apicali aziendali, dunque si deve creare una situazione di autonomia dalla maggioranza politica. Non si è visto mi in un paese democratico che sia il governo a controllare l’informazione e non viceversa, ovverosia l’informazione dovrebbe essere il “cane da guardia” del potere. Invece è il potere che addirittura decide i vertici della più grande industria culturale e informativa del Paese. Dunque, da questo punto di vista, bisogna immediatamente procedere alla riforma della governance Rai; occorre tutelare ancora di più i giornalisti a fronte di questo clima intimidatorio e violento. Anche le stesse querele temerarie, per cui va applicata la normativa anti-SLAPP approvata dalla Commissione Europea».

Un’ultima domanda sul caso di Gabriele Nunziati, giornalista dell’Agenzia Nova. E’ normale che per una domanda scomoda si rischi il licenziamento?

«Mi sono fatto portavoce di un’interrogazione che ha ottenuto circa 50/60 firme dei colleghi in cui chiediamo alla Commissione Europea di rispondere alla domanda a cui non ha ottenuto riscontri il giornalista, e cioè se si sollecitasse la Russia a ripagare i danni del conflitto in Ucraina ma non si facesse altrettanto con Israele per Gaza. La Commissione deve risponderci, in quanto non può sottrarsi all’interrogazione parlamentare. In quel caso la responsabilità è dell’Agenzia Nova, perché nessuna domanda è sbagliata. Noi chiediamo all’Agenzia di ritirare il licenziamento».

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