Ruanda vent’anni dopo. Commemorazioni e polemiche
La giornata in memoria del genocidio più drammatico del XX secolo ha come protagonista le polemiche sulla Francia
Il 6 aprile del 1994 il velivolo su cui viaggiava il Presidente Juvénal Habyarimana venne abbattuto dalle forze avversarie presenti nel Paese: si tratta del casus belli del genocidio più drammatico della contemporaneità, ricordato ancora per l’altissimo numero di persone che persero la vita in appena 100 giorni, 800 mila morti. Lo scontro affonda le origini nella differenza razziale tra le tribù degli Hutu e dei Tutsi, popolazioni messe l’una contro l’altra durante il lungo periodo di colonizzazione del Ruanda da parte del Belgio.
Il Ruanda dunque ricorda oggi il sanguinoso avvenimento che ha decimato la popolazione dei Tutsi, considerati artefici dell’attentato di esattamente vent’anni fa. La popolazione venne massacrata a colpi di machete e armi da fuoco, uno spargimento di sangue che ebbe la sua conclusione solo attraverso l’intervento di una missione di pace promossa dalla Francia e avallata dall’ONU.
Il giorno della commemorazione è stato però turbato dalle polemiche tra l’attuale Presidente del Ruanda, Paul Kagame, e la Francia, grande assente delle cerimonie odierne. Secondo il Ruanda, infatti, la Francia avrebbe in realtà fomentato le violenze dei cento giorni del 1994, rendendosene addirittura partecipe sul campo attraverso le centinaia di militari francofoni collocati lungo il confine Sud del territorio. La Francia, già scagionata da qualsiasi accusa di partecipazione dall’ONU stessa, ha risposto alle accuse decidendo di non prender parte alle cerimonie di commemorazione, peggiorando una delicata situazione la cui risoluzione non sarà mai trovata pacificamente. Intorno al genocidio del ’94, infatti, gravitano fin troppi coinvolti con altrettanti interessi in ballo, il cui intervento nel territorio è stato agevolato dal disinteresse della comunità internazionale nei confronti del massacro in corso.