Roma, gestione dei rifiuti: sette arresti
Il patron di Malagrotta Cerroni, alias il Supremo, è ai domiciliari. Tra i ventuno indagati anche Piero Marrazzo
I Carabinieri del Nucleo Operativo Ecologico di Roma, diretti nell’attività investigativa dal colonnello Sergio De Caprio, conosciuto come Ultimo e noto per avere arrestato Totò Riina, hanno eseguito oggi, nella Capitale, sette misure cautelari personali nei confronti di imprenditori, funzionari pubblici e uomini politici, posti agli arresti domiciliari con l’accusa di associazione per delinquere finalizzata al traffico di rifiuti.
Tra gli arrestati ci sono nomi eccellenti, primo fra tutti quello di Manlio Cerroni, proprietario dell’area su cui insiste la discarica più grande d’Europa, quella romana di Malagrotta, che misura 240 ettari circa e dove per trenta anni sono stati sversati i rifiuti di Roma, Ciampino, Fiumicino e della Citta del Vaticano. Già nel 2004, il sito di trattamento e smaltimento rifiuti aveva raggiunto la saturazione. Negli anni, più volte ne era stata paventata la chiusura, ma l’esercizio in proroga delle attività è durato fino al primo ottobre dello scorso anno.
Cerroni, soprannominato “il Supremo”, era il promotore di un “sodalizio criminale – scrive il Gip – in grado di condizionare l’attività degli enti locali coinvolti nella gestione del ciclo dei rifiuti nel Lazio”. Il patron della monnezza, facendo leva su logiche emergenziali, ha trasformato Malagrotta nel porto sicuro per la politica che doveva prendere decisioni scomode e impopolari, spesso in preda al terrore che a Roma potesse ripetersi un’emergenza igienico sanitaria per i rifiuti come quella di Napoli.
Gli interessi dell’”ottavo re di Roma” si intrecciano con la politica. Pare che fosse uno degli altri sei arrestati, Bruno Landi, presidente della Regione Lazio negli anni Ottanta, il grimaldello che Cerroni utilizzava per aprire le porte dei palazzi. Senza distinzione di colore e di bandiera. I domiciliari, infatti, sono stati disposti anche per due dirigenti regionali, in auge da più di una consiliatura e riconfermati dal governatore Nicola Zingaretti. Si tratta di Luca Fegatelli, fino al 2010 a capo della Direzione Energia e rifiuti della Regione Lazio, e Raniero De Filippis.
Agli arrestati, sono state rivolte, a vario titolo, oltre all’associazione per delinquere, anche le accuse di violazione di norme contro la pubblica amministrazione e di truffa in pubbliche forniture. Reati contestati anche a tre collaboratori di Cerrone, Pino Sicignano, Piero Giovi e Francesco Rando. Nei confronti delle società amministrate da questi ultimi due arrestati, inoltre, è stato disposto il sequestro di beni per un valore di 18 milioni di euro: 10 milioni e 900 mila euro alla Pontina Ambiente srl e quasi 8 milioni alla E.Giovi srl.
L’inchiesta, nell’ambito della quale sono coinvolti ventuno indagati, investe anche l’ex presidente della Regione Lazio e commissario straordinario per l’emergenza rifiuti, Piero Marrazzo, accusato di falso in atto pubblico per avere autorizzato la costruzione, ad opera del consorzio Co.e.ma, il cui dominus, per la procura di Roma, è sempre Cerroni, del termovalorizzatore di Albano Laziale. L’ordinanza di autorizzazione era, però, stata firmata da Marrazzo a ottobre 2008, dopo aver lasciato la carica di commissario a giugno dello stesso anno. Non era più titolare del potere di firma. Il provvedimento, infatti, è stato successivamente annullato dal Tar del Lazio nel 2010 e, poi, in appello, dal Consiglio di Stato. Per gli inquirenti, a “ispirare il provvedimento” era stato proprio Cerroni.