Rifiuti, rifiuti nucleari.
La pratica ‘italica’ di prendere tempo.
Che la questione sia complicata non c’è dubbio. Ne è la riprova il fatto che, la discussione nel suo insieme – fatti salvo i casi dei localismi dove il tema è assai sentito – è abbondantemente lasciata da parte nell’alveo del dibattito politico generale.
Tuttavia, considerato che nel nostro Paese ci sono ancora grandi quantità di rifiuti radioattivi da smaltire, sono infatti 15.000 i metri cubi di rifiuti radioattivi gestiti da Sogin, una soluzione dovrà essere pur trovata.
Lo stato dell’arte è rappresentato dagli impianti, attualmente disseminati sul territorio nazionale, e così dislocati:
- 4 centrali in decommissioning (Sogin);
- 4 impianti del ciclo del combustibile in decommissioning (Enea/Sogin);
- 1 reattore di ricerca CCR ISPRA-1 (Sogin);
- 7 centri di ricerca nucleare (ENEA Casaccia, CCR Ispra, Deposito Avogadro, LivaNova, CESNEF -Centro Energia e Studi Nucleari Enrico Fermi- Università di Pavia, Università di Palermo);
- 3 centri del Servizio Integrato in esercizio (Nucleco, Campoverde, Protex);
- 1 centro del Servizio Integrato non più attivo (Cemerad).Premesso che, secondo l’Europa i rifiuti a basso livello di radioattività sono destinati a crescere, in questa fase, alla luce di quanto annunciato circa l’individuazione di apposite aree da destinare a deposito, le levate di scudi da parte dei territori non sono mancate: sindaci, regioni e associazioni per la tutela ambientale si sono uniti in un coro di no alla presenza di rifiuti radioattivi sulle loro terre.
Nella migliore tradizione italica, anche su questo argomento, siamo in colpevole ritardo: la direttiva comunitaria, infatti, che andava recepita entro il 2013, invitava i paesi membri a pianificare dei programmi nazionali per lo smaltimento e a notificarli alla commissione europea entro il 23 agosto 2015. Tuttavia, il nostro paese non ha recepito le disposizioni europee entro il 2013 e non ha inviato il programma entro il 2015, causando così l’apertura di procedure di infrazione da parte dell’UE*
Va pure ricordato che, dal 2012 ad oggi, le *infrazioni comunitarie sono costate all’Italia circa 78 Milioni di Euro all’anno: se avessimo onorato gli impegni e le regole che in Sede Comunitaria ci siamo dati, questi soldi potrebbero magari essere stati destinati a capitoli quali sanità, istruzione, pensioni etc!
Mentre la politica sembra perseverare nel prendere tempo, è bene sapere che, a quanto dichiarato da Sogin (la Società pubblica che si occupa del Nucleare italiano)
smaltire e custodire i rifiuti radioattivi fino al 2035 in Italia avrà un costo stimato di oltre 2 miliardi di Euro.
Provando a fare una riflessione più di prospettiva che di tempi certi, che in Italia sono sempre un’incognita, il ragionamento quantomeno a grandi linee si colloca nel solco dell’annosa questione relativa alla raccolta e allo smaltimento dei rifiuti: a causa di molteplici fattori (normative sull’igiene, confezionamento etc) produciamo circa 500 kg. di rifiuti procapite annui. E tuttavia, larga parte dell’opinione pubblica, appare contraria alla realizzazione di impianti di incenerimento e/o di discariche. Se per i motivi citati, la dottrina del ‘rifiuto zero’ inteso come tale è certamente utopistica, resta da capire qual è la via migliore da seguire. Intanto che continuiamo a generare 30 milioni di tonnellate di rifiuti urbani all’anno, a far girovagare immondizia di ogni ordine e grado tra una Regione e l’altra con costi ambientali e finanziari enormi, con intere città ed aree soffocate dai rifiuti (la cui gestione come emerso all’esito di svariate indagini talvolta è appannaggio delle mafie) al di là delle ideologie, non sarebbe male chiarirsi le idee e decidere cosa si deve fare.
Filoppo Torrigiani è Consulente della Commissione Parlamentare Antimafia.