Rifiuti: arrestato Chianese, il re delle ecomafie
Per un milione di euro, avrebbe commissionato l’uccisione di un pm scomodo dell’Antimafia
La Direzione investigativa antimafia di Napoli, questa mattina, ha dato esecuzione a un’ordinanza di custodia cautelare in carcere, emessa a carico di Cipriano Chianese, sessantaduenne imprenditore nel settore dei rifiuti, vicino al clan dei Casalesi. Già detenuto ai domiciliari, Chianese è stato condotto in prigione con l’accusa di estorsione aggravata dal metodo camorristico. Nel 2005, infatti, insieme ad altri, con modalità mafiose e avvalendosi della forza intimidatrice promanante dalla partecipazione al sodalizio dei Casalesi, avrebbe acquisito le quote e la gestione di una società di trasporto di rifiuti solidi urbani e speciali, la Mary Trans, ora nella disponibilità del fratello, Francesco.
Il provvedimento è stato adottato dal Gip del Tribunale di Napoli sulla scorta delle dichiarazioni di un collaboratore di giustizia che, analizzate e messe in relazione con gli esiti di precedenti attività investigative, hanno indotto la Procura della Repubblica di Napoli a riaprire l’indagine, che era stata archiviata nel 2011. Inoltre, Chianese, sentendosi fiaccato dall’attività investigativa dell’Antimafia, avrebbe commissionato proprio al pentito, ex affiliato dei Casalesi, l’omicidio di un magistrato della Dda di Napoli che stava indagando sul suo conto. I contatti con il pentito li avrebbe presi un collaboratore dell’imprenditore, Carlo Verde, anch’egli finito in manette stamattina, che avrebbe offerto cinquecentomila euro al killer, cifra raddoppiata a seguito di contrattazione fino a un milione. L’omicidio non sarebbe stato eseguito perché, appena qualche giorno dopo la trattativa, Chianese fu arrestato.
Chianese è annoverato tra i primi a essere stati rinviati a giudizio, all’inizio degli anni Novanta, per disastro ambientale e avvelenamento delle falde acquifere. Gli inquirenti lo considerano l’ideatore e il regista del traffico di rifiuti nella Terra dei fuochi: il suo nome, infatti, spunta in tutte le inchieste, anche in quelle che coinvolgono Francesco Bidognetti. Nel 2005, era stato rinviato a giudizio per avere fornito sostegno ai Casalesi e gli erano stati sequestrati beni per un valore di ottantadue milioni di euro, beni che gli sono stati confiscati ad aprile per ordine del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere.