Renzi: «nuovo governo fino al 2018». Letta si dimette
La direzione PD approva il documento del segretario che congeda il governo Letta e annuncia un cambio di passo per arrivare fino al 2018
È il segretario Matteo Renzi, come prassi, ad aprire la direzione del Partito Democratico che decide il destino del governo Letta. La relazione del sindaco di Firenze è in linea con le previsioni e di fatto congeda il governo in carica e rivendica un «rilancio radicale, correndo anche dei rischi con la necessità di uscire dalla palude».
Non solo un rilancio nell’azione del governo ma anche nella durata, quello proposto da Renzi è un esecutivo di legislatura che arrivi fino alla scadenza naturale del 2018, quindi non solo riforme istituzionali ma anche con un programma di ampio respiro.
La minoranza del PD, ovvero l’area che fa capo a Cuperlo, si è allineata alla posizione di Renzi. I cuperliani in realtà erano stati i primi a sollecitare il segretario ad impegnarsi in prima persona qualche giorno fa e oggi hanno quindi votato favorevolmente alla mozione presentata. Addirittura Cuperlo stesso aveva chiesto, durante il suo intervento, che l’assemblea non procedesse al voto sul documento. A fine riunione invece si è votato e a dichiararsi contrari sono stati i lettiani, alcuni dei quali sono usciti dall’aula, Civati e altri membri isolati collocabili nell’area della sinistra PD. Il risultato finale è stato di 136 si contro soli 16 no.
Subito dopo la fine della direzione il premier Enrico Letta si è dimesso. Lo ha fatto con uno stringato comunicato in cui annunciava le dimissioni e l’intenzione di formalizzarle già domani nelle mani del presidente della Repubblica
La risoluzione del PD ha effetti anche sulle altre forze in Parlamento. NCD e SC, con sfumature diverse, annunciano l’appoggio per la scelta di Renzi. I montiani già la settimana scorsa avevano di fatto sfiduciato Letta, NCD ha invece subordinato l’adesione al nuovo governo ad un equilibrio con le istanze da esso rappresentate, escludendo quindi un possibile allargamento della maggioranza a sinistra. Infine Alfano ha definito «non entusiasmante» la prospettiva fino al 2018 ma non l’ha escluso. Più variegate sono le reazioni delle opposizioni. Forza Italia ha una doppia voce, da un lato Bondi dice che «con il governo Renzi non possiamo più permetterci un’opposizione alla Santanchè, ora dobbiamo essere un’opposizione intransigente ma seria e responsabile». Dall’alto lato il capogruppo Brunetta, chiede una parlamentarizzazione della crisi ricordando che il partito resterà all’opposizione. Apertura di credito, almeno apparente, da parte della Lega: ieri Salvini ha detto che «la Lega non sarà pregiudizialmente avversa al governo Renzi». SEL, dato in predicato di entrare al governo, invece asserisce di non voler entrare nell’esecutivo finché in maggioranza ci saranno anche esponenti del centrodestra e d’altro canto il documento della direzione PD parla di “maggioranza immutata” stoppando sul nascere le speculazioni su un possibile allargamento alla formazione di Vendola. Resta radicalmente critico il M5S che chiede, come Forza Italia, un passaggio in Parlamento.