Processo “Sistema”, Sonia Alfano: «Maurizio Marchetta non credibile»
«Suo teorema crollato». Assolti con formula piena “per non aver commesso il fatto” i due uomini accusati dall’architetto barcellonese
La Corte di Appello di Messina ha assolto con formula piena «per non avere commesso il fatto», Carmelo Bisognano e Carmelo D’Amico, accusati entrambi di estorsione. L’esito finale riguarda una parte del cosiddetto processo “Sistema”, scaturito in seguito alle dichiarazioni dell’imprenditore di Barcellona Pozzo di Gotto (prov. di Messina) Maurizio Sebastiano Marchetta, che raccontò di avere pagato per lungo tempo il pizzo sugli appalti alla mafia locale, facendo in particolare il nome dei due. Bisognano, ritenuto per anni il referente del clan mafioso dei barcellonesi per il territorio di Mazzarrà Sant’Andrea, oggi è collaboratore di giustizia, mentre D’Amico è detenuto al 41 bis. In primo grado, con rito abbreviato, erano stati condannati a 10 anni e 8 mesi Bisognano, e a 7 anni e dieci mesi D’Amico. Ieri l’assoluzione. Il procuratore generale Salvatore Scaramuzza aveva invece chiesto la conferma delle condanne.
«Con l’assoluzione in appello degli imputati del processo “Sistema” – scrive Sonia Alfano, presidente della Commissione Antimafia Europea – emerge finalmente la vera natura delle dichiarazioni mendaci di Maurizio Sebastiano Marchetta. Adesso una certa stampa smetta di definirlo “testimone di giustizia”: non lo è mai stato e, a quanto pare, mai potrà esserlo. Il teorema ideato da Marchetta, attualmente scortato dalla Polizia di Stato per ragioni a me sconosciute e quindi incomprensibili, è rovinosamente crollato con questa sentenza».
L’architetto Marchetta, titolare dell’impresa di costruzioni Cogemar, che nel 2001 è stato anche vice presidente del Consiglio comunale di Barcellona per Alleanza nazionale, nel gennaio 2009 riferì di essere da tempo oggetto di pesanti minacce e attentati, costretto a pagare tangenti alla mafia barcellonese per poter eseguire alcuni appalti in Sicilia in un vasto arco di tempo tra la metà degli anni ‘90 e il 2008 nei suoi cantieri di Savoca, Tortorici, Canicattì, Gualtieri Sicaminò, Barcellona, Caronia, Floresta, Militello Val di Catania e Scordia. Da quelle rivelazioni scaturirono una serie di richieste d’arresto, formalizzate dal sostituto della Dda di Messina Giuseppe Verzera e il pm della Procura di Barcellona Francesco Massara. Richieste che furono accolte un mese dopo dal gip di Messina Antonino Genovese. Tra i destinatari c’erano Carmelo Bisognano, ex capo del clan dei Mazzarroti e ritenuto il referente del clan mafioso dei barcellonesi per il territorio di Mazzarrà Sant’Andrea, che all’epoca era stato da poco scarcerato, e Carmelo D’Amico, indicato come uno dei boss del clan dei barcellonesi.