«Picchiato da don Luigi Ciotti perché volevo essere messo in regola»
Il presidente di Libera avrebbe malmenato un ragazzo dopo che questi si era rifiutato di lavorare per lui in nero
Un episodio rimasto finora sconosciuto e che, se corrispondente al vero, rischia di travolgere l’associazione Libera. La vicenda risale a un paio d’anni fa e vede protagonista Filippo Adriano Lazzara, un ragazzo siciliano impegnato nell’attivismo antimafia. È lo stesso giovane a raccontare al quotidiano Libero la sua storia, partendo dalla denuncia presentata nel 2011 ai carabinieri – successivamente ritirata – proprio contro il fondatore di Libera, don Luigi Ciotti.
Nel 2010, il giovane lavorava con un contratto a tempo indeterminato in un supermercato a Partinico (prov. di Palermo) e già da tempo dedicava parte della sua vita al sociale. Quando conosce don Ciotti rimane affascinato dalla figura di questo carismatico prete che si batte contro le mafie e così, dopo un confronto con il sacerdote, si arma di coraggio e si convince a denunciare per infiltrazioni mafiose l’impresa per cui lavora. Di lì a poco, la scelta di trasferirsi in Piemonte per iniziare una nuova vita e soprattutto un nuovo lavoro, proprio per l’associazione Libera.
«Don Ciotti mi fa lavorare per alcuni mesi presso la Certosa», scrive nella denuncia, e «precisamente presso l’associazione 15-15». Successivamente viene trasferito all’associazione Filo d’erba del gruppo Abele, facente sempre capo a don Ciotti. Filippo, però, non è messo in regola. Lavora in nero. Una realtà ben diversa, quindi, da quella che gli era stata prospettata e che certamente aveva influito sulla scelta di lasciare la propria terra e soprattutto un posto di lavoro sicuro. Una “fortuna” di cui ben pochi, di questi tempi, sarebbero disposti a privarsi. E allora tenta di incontrare il sacerdote con l’obiettivo di ottenere finalmente il contratto tanto promesso. I due si incontreranno soltanto il 5 marzo del 2011, presso la sede del gruppo Abele di Torino, ma qualcosa va storto e lo scambio verbale presto degenera. Secondo quanto riferisce il ragazzo, don Ciotti passa alle mani. Lo avrebbe colpito con calci e pugni, tanto da farlo finire al pronto soccorso con una prognosi di 10 giorni.
A dimostrazione di quanto sostenuto, Lazzara pubblica in rete una lettera privata, firmata proprio da don Ciotti e datata 6 marzo 2011, nella quale il sacerdote fa riferimento all’accaduto. Si scusa perché i suoi «nervi sono saltati. Un po’ la stanchezza, un po’ il tuo modo di fare non hanno aiutato». Scrive: «Non meriti le “sberle”, perché credo veramente nella tua onestà e capacità. […] Perdona per le parole fuori misura che ho pronunciato». E conclude «Forse quelle “pedate” le merito io».
Dal giorno della denuncia al fondatore di Libera, Lazzara ha visto attorno a sé «fare terra bruciata». «Non avevo un lavoro e non sapevo dove sbattere la testa. Lui è un intoccabile. Denunciare lui è come denunciare Nelson Mandela. Chi mi crede? Chi starà dalla mia parte? Per me tutte le porte si sono chiuse. Per il peso che ha, in certi ambienti, don Ciotti è come il Papa. Ma ricevere dei cazzotti dal Papa è una cosa che ti lascia scosso. Se questa è l’antimafia…».
In molti, all’interno e fuori di Libera, riconoscono che don Ciotti abbia «un carattere, per così dire, irruento», ma faticano a credere che il sacerdote da allora lo abbia volutamente isolato, facendo appunto «terra bruciata» intorno al giovane. «Non è da lui», affermano i fedelissimi, che si augurano comunque che venga tutto chiarito al più presto. Anche perché, se da un alto c’è la lettera firmata dal prete, in cui riconosce – seppur virgolettando – sberle e pedate, rimane il dubbio sul perché il ragazzo si sia deciso a rendere pubblica la vicenda a distanza di tre anni. «Se veramente Filippo si era sentito leso – commenta qualcun altro – non avrebbe dovuto ritirare la denuncia che dice di aver fatto all’epoca. Adesso cosa cerca con questa boutade mediatica?».
La replica del gruppo Abele: http://www.libera.it/flex/cm/pages/ServeBLOB.php/L/IT/IDPagina/9130