Palermo, la casa del Beato don Pino Puglisi diventa museo
Il piccolo appartamento dove visse il parroco di Brancaccio ucciso da Cosa nostra viene aperto alla città
Il 15 settembre 1993 don Pino Puglisi veniva ucciso da un sicario di Cosa nostra davanti il portone di casa, a Brancaccio, e dal 25 maggio, giorno del primo anniversario della sua beatificazione, quella stessa casa è stata aperta alla città. All’interno del piccolo appartamento dove il parroco visse prima insieme ad entrambi i genitori e poi da solo fino al giorno della sua uccisione, i volontari del Centro Padre Nostro hanno realizzato un museo, grazie alla collaborazione dei fratelli di 3P.
A seguito della morte di padre Puglisi, l’appartamento venne abitato dal 1994 al 30 gennaio di quest’anno da altri proprietari, che apportarono significative modifiche alla struttura originaria, tanto da rendere necessario l’intervento di opere di rifacimento perché potesse essere reso fruibile ai visitatori. Così, divenuto dal 31 gennaio di proprietà dell’Associazione Centro di Accoglienza Padre Nostro Onlus (il centro voluto e fondato il 16 luglio 1991 dallo stesso padre Pino Puglisi), sono iniziati i lavori di adeguamento degli impianti, di tinteggiatura e ristrutturazione della cucina e del bagno, tenendo comunque conto della caratteristica sobrietà e semplicità della famiglia Puglisi, della quale si possono trovare mobili, libri, indumenti, paramenti liturgici e oggetti personali. Tutto ciò offre uno spaccato di quello che era il vivere quotidiano di padre Puglisi, «uno spazio, una esperienza di vita, per non dimenticare il passato e avvertirne la continuità con il presente e il futuro, per ispirarci al suo messaggio».
«Il termine “casa-museo” non tragga in inganno. – afferma Maurizio Artale, presidente del centro Padre Nostro – Riflettiamo piuttosto sul significato della parola “casa”: casa come focolare domestico, luogo privilegiato dove la famiglia sceglie di vivere e in cui i componenti del nucleo familiare si relazionano, luogo in cui si accolgono le persone care. La casa del Beato Giuseppe Puglisi, nel suo insieme, diviene tutt’uno con il Piazzale, luogo del suo martirio, luogo in cui padre Pino, col suo “me lo aspettavo”, si conformò in tutto a Cristo. È il luogo dell’incontro, dove crescere nella fede e nella sollecitudine verso i poveri».
L’inaugurazione è stata accompagnata da una festa, ricca di coinvolgenti canti gospel e commoventi preghiere in quel piazzale Anita Garibaldi, tra il portone della casa-memoria e il monumento dedicato al sacerdote che proprio qualche giorno fa era stato imbrattato con della vernice spray. «Un sacrilegio commesso dai figli di quei genitori che non hanno saputo loro spiegare cosa significhi quel monumento e chi fosse Padre Pino Puglisi», aveva commentato Artale. Il gesto vigliacco è stato denunciato al Nucleo tutela patrimonio culturale e l’opera era stata prontamente ripulita dagli operai del Comune, ma lo stesso non può dirsi per la dignità e la coscienza di certi palermitani, che sembra destinata a rimanere sporca. Basta fare un giro a Brancaccio e chiedere ai residenti dove si trovi “quella piazzetta” per ricevere come risposta – nel migliore dei casi – un laconico “non so”. E ieri erano tante le serrande abbassate e le finestre chiuse mentre si ricordava dai microfoni l’esempio di umiltà e obbedienza del sacerdote. Poche erano certamente anche le persone radunatesi in quel luogo rispetto ai numerosi fratelli, sorelle e figli che don Pino aveva conosciuto e amato. Ecco, allora, che una casa-memoria risulta più che mai necessaria per rinnovare nella mente e nel cuore sentimenti di gratitudine verso quel piccolo grande uomo, seguendo la sua stessa indicazione: «E se ognuno fa qualcosa, allora si può fare molto».
«In questi venti anni, da quel lontano 15 settembre 1993, il Beato Puglisi ha continuato a predicare e a testimoniare con il suo martirio la Parola di Gesù. Il sangue dei martiri non si confonde con la terra dove sono caduti, diventa per tutti un forte richiamo al Cielo. Questo Piazzale ormai appartiene agli uomini Giusti, alla Chiesa e alla storia: da qui riparte la speranza di Palermo».