Pubblicato: Dom, 10 Set , 2023

Operazione Maestrale – Carthago: DDA Catanzaro concretizza 84 misure cautelari

Estorsioni alle imprese, legami con politici e Pubblica amministrazione: 170 indagati

Dalle prime ore della mattina di giovedì i carabinieri del Comando Provinciale di Vibo Valentia erano impegnati nell’operazione antimafia “Maestrale – Carthago” coordinata dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Catanzaro, guidata dall’immenso procuratore Nicola Gratteri. Oltre 600 i militari impiegati su tutto il territorio nazionale per eseguire le misure cautelari nei confronti di 84 soggetti (29 in carcere, 52 ai domiciliari e 3 con obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria). Tra gli indagati figura anche l’ex presidente della Provincia di Vibo Valentia. Già coinvolto nella precedente tranche dell’inchiesta, condotta nello scorso mese di maggio, per lui sono stati disposti gli arresti domiciliari. É finito in carcere, invece, un avvocato del Foro di Vibo Valentia, accusato di concorso esterno in associazione mafiosa. Gli arresti domiciliari sono stati disposti, inoltre, per gli ex dirigenti, rispettivamente, del Dipartimento prevenzione e del Settore veterinario dell’Azienda sanitaria provinciale di Vibo Valentia. Ai domiciliari anche l’avvocato ed ex presidente della onlus “Da donna a donna”, oltre ad altri imprenditori del Vibonese. Misure cautelari che si vanno ad aggiungere ai 61 fermati nella prima parte dell’operazione. Gli indagati complessivi sono 170.

I reati contestati, a vario titolo, alle 84 persone coinvolte nell’operazione del 7 settembre sono associazione di tipo mafioso, omicidio, scambio elettorale politico mafioso, violazione della normativa sulle armi, traffico di stupefacenti, corruzione, estorsione, ricettazione, turbata libertà di incanti, illecita concorrenza con minaccia o violenza, trasferimento fraudolento di valori, truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche e altri reati, tutti aggravati dal metodo mafioso. L’imponente operazione ha consentito di disarticolare i sodalizi di ‘ndrangheta di Mileto e Zungri, con le ‘ndrine di Briatico e Cessaniti, andando a colpire inoltre le strutture di comando e controllo, l’ala militare e imprenditoriale delle rispettive organizzazioni, i cui esponenti erano già detenuti per altra causa e per questo non colpiti dal provvedimento di fermo.

Dalle risultanze investigative è stato possibile ricostruire le dinamiche, i collegamenti e gli interessi imprenditoriali delle consorterie nella provincia vibonese, particolarmente attive nel settore estorsioni, attraverso intimidazioni e danneggiamenti ai danni di aziende edili, imprese ed esercizi commerciali operanti nel settore turistico-alberghiero della Costa dei Dei e dei trasporti marittimi per le isole Eolie. Le investigazioni hanno messo in evidenzia le cointeressenze, gli accordi corruttivi e i forti legami della criminalità organizzata con esponenti del mondo politico, istituzioni e pubblica amministrazione, evidenziando, tra l’altro, il completo asservimento dell’Asp di Vibo Valentia alle consorterie mafiose di Mileto, Limbadi e Vibo Valentia. Affiliati e asserviti ai clan anche funzionari e dirigenti medici compiacenti, che si sarebbero resi disponibili per ipotesi corruttive e scambio elettorale politico mafioso. Confermate le infiltrazioni della ndrangheta anche nel comune di Zungri e di Briatico per favorire persone compiacenti nell’assegnazione di posti messi a concorso. Sono state inoltre ricostruite le condotte di alcuni avvocati, ritenute integranti ipotesi di reato per truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche, nel settore dell’accoglienza dei migranti e per concorso esterno in associazione mafiosa con numerose strutture mafiose della provincia.

Nell’ambito dell’indagine gli inquirenti hanno fatto luce su due omicidi avvenuti nel Vibonese. Quello di Maria Chindamo, uccisa e data in pasto ai maiali il 6 maggio 2016, a Limbadi. Contestato anche a quattro indagati l’omicidio di Angelo Antonio Corigliano, commesso a Mileto nell’agosto 2013, il cui movente è riconducibile ad una rappresaglia per vendicare l’omicidio di Giuseppe Mesiano, elemento di spicco della locale di Mileto perpetrato nello stesso centro nel luglio 2013.

Nel corso dell’attività i militari, oltre ad avere individuato un bunker in Briatico, utilizzato quale nascondiglio per sottrarsi alle operazioni di ricerca e cattura condotte dalle forze di polizia, hanno anche rinvenuto e sequestrato un fucile ak-47 kalashnikov, un revolver, oltre 350 munizioni di vario calibro e la somma di 86.500 euro in contanti.

“Per fare comprendere la forza e il controllo del territorio sia dei locali di ‘ndrangheta di Mileto che di quelli di Zungri è emerso che questi sono stati in grado di imporre ai panifici delle zone sotto il loro controllo il prezzo minimo del pane, ovvero meno di 2,50 euro non si poteva scendere”, spiega il Procuratore Gratteri. “Questo dà la misura – ha aggiunto il magistrato – del controllo del respiro e del battito cardiaco del territorio; dà la misura di come queste imprese mafiose controllavano qualsiasi attività economica, anche minima, anche di beni essenziali come può essere il pane”, e i titolari delle attività “sottostavano a questa sorta di codice non scritto”. “In questa indagine parlano 18 collaboratori di giustizia, con versioni concordanti e univoche su tutti i capi di imputazione. Il lavoro è stato fatto dalla Procura in perfetta sintonia con i migliori uomini dei carabinieri che operano a Vibo Valentia e con i loro colleghi del Ros. L’operazione si è concentrata sui due locali di Mileto e di Zungri che sono famiglie di ‘ndrangheta di Serie A. E’ stato possibile disvelare gli interessi sugli appalti nell’asse di Vibo Valentia per quanto riguarda le mense dell’Asp, ma anche per le tangenti su tutte le attività di ristorazione e gli alberghi della Costa degli Dei. Illuminati anche i business di armi, droga, attività estorsive, inclusa la gestione dei migranti non accompagnati che avrebbe fruttato alle cosche circa mezzo milione di euro di introiti”.

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