Omicidio Politkovskaya, cinque condanne ma nessun mandante
Cinque condanne, tra cui due ergastoli, per l’omicidio della giornalista russa avvenuto il 7 ottobre del 2006
La corte di Mosca con la sentenza letta dal giudice Pavel Melekhin ha condannato Rustam Makhmudov e suo zio Lom-Ali Gaitukayev all’ergastolo per l’omicidio di Anna Politkovskaya. Makhmudov, latitante fino al 2011, è accusato di essere l’esecutore materiale dell’omicidio della giornalista russa avvenuto il 7 ottobre 2006. Lom-Ali Gaitukayev dovrà invece scontare il carcere a vita per essere stato l’organizzatore dell’agguato nell’ascensore del palazzo dove viveva la giornalista del giornale Novaya Gazeta, che con i suoi articoli denunciava le violazioni dei diritti umani in Russia e in Cecenia. Gli altri tre imputati, i fratelli Ibragim e Dzhabrail Makhmudov e l’ex funzionario della polizia moscovita Serghei Khadzhikurbanov, sono stati condannati a pene tra i 12 e i 20 anni per aver partecipato a vario titolo al delitto. La difesa ha già annunciato ricorso.
Quello appena conclusosi è il terzo processo sull’omicidio di Anna Politkovskaya che soltanto lo scorso 21 maggio ha visto riconosciuti Rustam Makhmudov e Lom-Ali Gaitukayev colpevoli dell’omicidio della giornalista insieme ad altre tre persone, ma la storia giudiziaria è iniziata nel 2009 quando Dzhabrail e Ibragim Makhmudov e l’ex funzionario di polizia Khadzhikurbanov furono assolti in primo grado per insufficienza di prove e Rustam era ancora latitante. In seguito la corte suprema aveva annullato la sentenza di primo grado per gravi vizi procedurali e sospeso il processo d’appello per integrare e approfondire le indagini. Nel 2012 un alto ex poliziotto, Dmitri Pavliutchenkov, è stato condannato a 12 anni di lavori forzati per aver pedinato la vittima, aver fornito un’arma agli assassini e aver partecipato all’organizzazione.
Il figlio di Anna Politkovskaya, Ilia, a margine della sentenza si è detto contento del passo in avanti compiuto ma ha sottolineato che c’è ancora molto da fare, perché i mandanti di quello che ha tutta l’aria di essere un omicidio politico nei confronti di una giornalista che denunciava i soprusi del Cremlino, restano ancora ignoti e come sottolinea Ilia, trovarli «è la cosa più importante».