Omicidio Aldrovandi, Ferrara scende in piazza per chiedere giustizia
Un corteo il prossimo 15 febbraio, organizzato dalla famiglia di Federico e dall’associazione nata in sua memoria, partirà dalla via dove il ragazzo venne ucciso nel 2005 da agenti di polizia. «Via la divisa», il nome della manifestazione
«Quei poliziotti devono perdere la divisa». È questo l’appello lanciato dalla famiglia di Federico Aldrovandi. Lo stesso, ormai, da troppi anni. Paolo Forlani, Monica Segatto, Enzo Pontani e Luca Pollastri, i quattro agenti condannati in via definitiva per «eccesso colposo in omicidio colposo», torneranno a breve in servizio. Inaccettabile per famigliari e amici del giovane ucciso ad appena diciotto anni la notte del 25 settembre 2005. Per questo motivo hanno deciso di scendere in piazza a Ferrara, il prossimo 15 febbraio.
Il corteo si concentrerà alle 14 in via Ippodromo, la stessa strada a pochi metri da casa, in cui nove anni fa Federico fu pestato a morte dai quattro agenti di polizia che lo avevano fermato per un controllo. Alle 15 è prevista la partenza del percorso, che si svolgerà lungo via Bologna, via Kennedy, piazza Travaglio, Porta Reno, Corso Martiri per arrivare davanti alla Prefettura. «Via la divisa» è il titolo della manifestazione. Tra le richieste dell’associazione “Federico Aldrovandi” c’è anche l’introduzione di un numero identificativo sulle divise e l’istituzione del reato di tortura, non contemplato dai codici italiani.
Proprio qualche giorno fa, il papà del ragazzo, Lino Aldrovandi, aveva scritto una lettera sul ritorno in servizio dei quattro agenti condannati per l’omicidio del figlio. «Sia ben chiaro – si legge – che quattro persone con una divisa addosso hanno ucciso senza una ragione un ragazzino di 18 anni che non stava commettendo alcun reato rompendogli addosso due manganelli fino a soffocarlo ed in seguito, sempre secondo i giudici che le hanno condannate fino alla cassazione, senza mai dire la verità, coperte inspiegabilmente da colleghi depositari delle indagini, condannati anche questi ultimi per omissioni e depistaggi». Il padre di Federico scrive ai poliziotti, ma anche alle istituzioni. «Si tratta di Colposo? – si chiede –. Certo, ma secondo i giudici dei tre gradi di giudizio, probabilmente grazie proprio alle indagini svolte, o meglio nate con depistaggi ed omissioni che limitarono irrimediabilmente l’impianto accusatorio. Ma quando comunque le ricostruzioni processuali, nelle motivazioni di condanna, portano gli stessi giudici a scrivere nel senso e nelle parole che quel “colposo”, rileva mancanza del senso dell’onore e del senso morale, in grave contrasto con i doveri assunti con il giuramento assunto, il passo della destituzione dovrebbe essere breve, e l’art. 7 del reg.to del comportamento di disciplina della polizia di stato ciò statuisce».
Intanto, appena due giorni fa, la procura regionale della Corte dei Conti dell’Emilia Romagna ha formalizzato la contestazione di danno patrimoniale ai quattro poliziotti, per il risarcimento che il ministero dell’Interno ha pagato ai familiari del giovane ferrarese. La cifra del danno erariale è 1.870.934 euro. Gli agenti hanno ora 30 giorni di tempo per presentare formale replica alla contestazione. All’esito delle repliche, verrà deciso se citarli davanti alla Corte.