Nasce Liberofuturo.net: il primo portale antiracket
Sul sito i bilanci e le storie di chi lotta il pizzo. Online anche una petizione contro il voto di scambio
Ci sono le testimonianze di chi ha detto no al pizzo, le iniziative antiracket, la rassegna stampa ed informazioni utili ad imprenditori e commercianti che hanno deciso di ribellarsi al giogo di Cosa nostra. Ed ancora una petizione contro il voto di scambio. Fanno sistema le associazioni antiracket della Sicilia occidentale e per comunicare meglio un lavoro fatto di impegno quotidiano hanno dato vita ad un portale: liberofuturo.net. A presentarlo ieri, durante una conferenza stampa presso il ristorante Castello a mare, a Palermo, sono stati, tra gli altri, il presidente dell’associazione Libero Futuro, Enrico Colajanni, il legale delle associazioni antiracket, Salvo Caradonna, e i tanti imprenditori che hanno fatto della lotta alla mafia la loro bussola.
«Nell’ultimo anno – ha detto Colajanni – sono 15 i nuovi processi avviati nella lotta al racket e più di 30 gli imprenditori seguiti nel percorso di denuncia». Numeri importanti, ma non ancora sufficienti. «Mercoledì abbiamo assistito ad una scena pietosa – ha raccontato -. Siamo stati ad Agrigento per assistere alcuni imprenditori antiracket, ma in quella stessa udienza un altro testimone ha ritrattato, negando persino che fosse la sua la firma posta nel verbale. È chiaro che non è stato adeguatamente seguito in questo percorso di denuncia». Ma dal presidente di Libero Futuro arriva anche un duro atto d’accusa. «In questo percorso difficile e faticoso – ha spiegato – abbiamo avuto accanto solo Confindustria. Politica, associazioni di categoria e persino sindacati sono distanti, assenti». Di più. «Chi si espone in prima persona e denuncia – ha proseguito Colajanni – riceve spesso attacchi e viene accusato di cavalcare l’onda antiracket per interessi personali. E questa è una cosa inaccettabile».
Sul portale, su cui ogni associazione antiracket ha una pagina dedicata, c’è spazio anche per un’altra iniziativa: una petizione contro il voto di scambio, che ha già raccolto un migliaio di firme e l’adesione di altre associazioni antimafia. «In un’intercettazione telefonica – ha aggiunto Colajanni – un mafioso racconta alla propria madre i meccanismi della compravendita dei voti: 15mila euro per un pacchetto di 300 voti, 50 per un voto singolo. Si tratta di una pratica diffusa con cui Cosa nostra non solo fa soldi, ma riesce a far eleggere i suoi “rappresentanti”. È una condizione intollerabile, a cui la politica deve porre rimedio», ha concluso.
«Quella di oggi è la tappa di un percorso lungo che ogni giorno vede un incedere progressivo con risultati positivi nella lotta alle estorsioni – ha detto il prefetto di Palermo Francesca Cannizzo -. L’esperienza antiracket palermitana viene esportata in altre province e insieme all’esperienza di chi si ribella c’è finalmente un incentivo al consumo responsabile».