Pubblicato: Lun, 2 Giu , 2014

Nairo Quintana ha vinto il Giro d’Italia

Un giro con meno imprese spettacolari ma più bello

 

Nairo Quintana

Nairo Quintana

Si è concluso il Giro d’talia. Lo ha vinto un colombiano, Nairo Quintana, faccia triste da indio in gita, potrebbe forse dire Paolo Conte. Secondo un altro colombiano, Rigoberto Uran Uran, hanno compiuto il percorso inverso, dalle Ande agli Appennini; e le Alpi li hanno consacrati. Quintana ha imparato ad andare forte in bici perché era l’unico mezzo che gli consentisse di percorrere i tanti chilometri da casa  a scuola; a Rigoberto Uran hanno ucciso il padre, «la bicicletta e la strada mi hanno salvato dai narcos», ha conosciuto la fame che per fortuna noi più non ricordiamo. Il terzo della generale, un italiano, un sardo, ha combattuto con l’ostinazione di  un contadino che strappa frutti alla terra inaridita dalle troppe offese, talora perdeva le ruote degli altri e poi le riprendeva, tal’altra invece li ha superati, un uomo che cade e si risolleva. E’ questo il ciclismo bello, quello dei corridori con maschera di fango,  le gocce di sudore, pioggia e muco che colano loro dal naso, i calzoncini che puzzano di liquido corporale, non quello dei semidei che stanno sempre almeno quattro tornanti più su dei comuni mortali.

Ma i telecronisti e i cronisti nostrani hanno un appunto da rivolgere a Nairo Quintana, il vincitore: «non ha lasciato il segno», l’impresa giornaliera, stucchevole. Eppure dovrebbero averlo capito, dopo 3500 chilometri faticati da altri che loro inzuppano di parole e retorica, che il segno nel ciclismo moderno, l’impresa giornaliera e stucchevole, è sempre e solo stato lasciato dalle smoderate «aggiunte», il «grande Marco Pantani»non ha insegnato loro niente, infatti non si calmano ancora dal mitizzarne le prestazioni alterate. I campioni naturali, nel ciclismo d’oggi dove tutti gli atleti godono degli stessi mezzi, superano con fatica gli avversari, solamente gli dei scalano in perfetta solitudine l’Olimpo, ma gli dei hanno il nettare che li rende insensibili ai limiti e al dolore.

Nairo Quintana ha dato tre minuti al secondo, quattro al terzo, cinque al quarto. Se lo ha fatto senza «aggiunte» , allora si tratta di una prova ben maggiore di quelle macchiate del vostro eroe che tanto decantate . Un attimo di silenzio, tele giornalisti, sbaraccate i vostri processi, troppi ce ne sono sugli schermi per ogni e qualsiasi argomento, anche nel ciclismo occorre cuore antico e intelligenza moderna. Magari così potrebbe venirvi il dubbio che, come i tifosi dall’alto tasso alcolemico che rischiano di far cadere i corridori sull’asfalto, voi, esaltando le vittorie poco pulite, date il vostro contributo per mantenere il movimento sportivo rovinato nella corruzione.

Fulvio Turtulici

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