Montepaschi, no all’aumento di capitale
Bocciato il piano da 3 miliardi del consiglio di amministrazione. Il presidente Alessandro Profumo potrebbe dimettersi a breve
L’assemblea degli azionisti del Montepaschi di Siena ha bocciato il piano del CDA per l’aumento di capitale da 3 miliardi. Alla riunione di oggi erano presenti solo il 49,3 dei soci il che ha consegnato alla Fondazione Mps un potere di veto forte del suo 33,5% del capitale.
È stata proprio la Fondazione, con il suo presidente Antonella Mansi, ha sbarrare la strada al piano del management della banca. Il no all’aumento di capitale è arrivato con il 69,06% del capitale presente in assemblea e al contempo è stata approvata, con l’82%, la proposta alternativa, ovvero quella che rinvia la ricapitalizzazione al secondo semestre del 2014.
Quanto successo oggi preannuncia la tempesta che si potrebbe abbattere, nell’immediato futuro, sull’istituto senese. La bocciatura del piano del CDA di fatto, nonostante le smentite di rito, è una sfiducia al management e lo stesso presidente Alessandro Profumo ha dichiarato «le dimissioni si assumono a sangue freddo e nei posti deputati ad assumere tali decisioni. Avremo un CDA nel corso di gennaio e valuteremo cosa fare». Gli esiti della votazione potrebbero compromettere il futuro della banca, infatti, come ricordato da Profumo, il rinvio costerà 120 milioni di euro per i soli interessi aggiuntivi da versare allo Stato, frutto dei Monti bond, inoltre oggi c’era già un consorzio di garanzia e c’erano le risorse per effettuare l’aumento da 3 miliardi, condizioni che, ha sottolineato il presidente, non è detto si ripresentino in futuro.
La Fondazione, dal canto suo, deve ripagare circa 340 milioni di debiti per rimanere “azionista rappresentativo”, inoltre Antonella Mansi ha bollato come pessimistiche le previsioni di Profumo sul prossimo anno, assicurando la possibilità per MPS di trovare le risorse necessarie a salvarsi e ripagare i debiti con lo Stato anche a maggio 2014.
Le sorti della banca interessano anche i contribuenti, infatti, qualora il futuro aumento da 3 miliardi non dovesse andare in porto per MPS sarà impossibile rimborsare entro l’anno gli aiuti ricevuti, il che vorrà dire essere nazionalizzata. Lo Stato avrà perso i 3 miliardi dati due anni fa e si ritroverà in possesso di una banca che, anche se oggi è il terzo istituto del Paese, in caso di nazionalizzazione potrebbe vedere il suo valore ridotto quasi a zero.