Moby Prince: lettera aperta del prof. Luchino Chessa
Lettera aperta del prof. Luchino Chessa, figlio del comandante del Moby Prince Ugo Chessa
di: Desirè Sara Serventi
Il prof. Luchino Chessa figlio del comandante del Moby Prince Ugo Chessa, invia una lettera aperta che ha come destinatari i Presidenti Mattarella, Grasso, Boldrini, e Renzi. Tante le lettere che Chessa ha inviato al Presidente del Consiglio Matteo Renzi che non hanno ancora avuto alcuna risposta.
Lettera aperta di Luchino Chessa.
Cari Presidenti Mattarella, Grasso, Boldrini e Renzi, come cittadino italiano ho sempre creduto nelle Istituzioni, le ho sempre rispettate, ma mai come ora mi sento così poco rispettato io e gli altri familiari delle vittime della strage del Moby Prince. Le Istituzioni ci hanno ignorato per anni, ci hanno lasciati nella solitudine e nel dolore e nulla hanno fatto per dare un contributo all’accertamento della verità. Nulla hanno fatto per ricordare i morti di quella strage e nulla hanno fatto per riconoscere ai marittimi morti, dal Comandante all’ultimo marinaio, il valore del loro sacrificio. Sono vittime morte sul lavoro che nessuno ha mai riconosciuto e premiato. Ho sempre negli occhi i resti di mio padre, un pezzo carbonizzato di circa cinquanta centimetri, ricordava un tronco di albero bruciato. Un orologio al suo fianco e una protesi dentale è servita al riconoscimento. Quei miseri resti si trovavano nei pressi del ponte di comando del traghetto, insieme ai resti di altri membri dell’equipaggio che insieme a lui hanno cercato di risolvere l’inevitabile. Sono rimasti al loro posto e sono morti bruciati vivi. Ogni membro dell’equipaggio aveva un compito e lo ha svolto fino alla fine, perché chi ha un compito di quel tipo non può tirarsi indietro, neanche davanti alla morte. Purtroppo è stato un sacrificio inutile perché chi per istituzione aveva il compito di controllare non ha controllato, chi per istituzione doveva fare i soccorsi non ha soccorso. E poi niente giustizia per le vittime perché chi per istituzione doveva indagare bene ha indagato male e chi per istituzione doveva giudicare ha giudicato peggio che mai. Dopo anni di sofferenze e di solitudine si aperta una breccia nel muro che ci ha sempre separato dalle Istituzioni. Un testo per la istituzione di una commissione parlamentare di inchiesta si trova ferma dal 9 aprile nei meandri del Senato. Non è il massimo di proposta, sarebbe dovuta essere bicamerale e permanente e invece è stata disegnata monocamerale e di durata limitata a soli due anni. Ebbene dopo questo spiraglio le Istituzioni si sono nuovamente allontanate. Se il disegno di legge non viene calendarizzato in aula si rischia che il tutto slitti al prossimo anno, la qual cosa inficerà i possibili risultati. Così chi ha sempre frenato sarà soddisfatto e noi familiari rimarremo con l’amaro in bocca di essere arrivati dopo quasi venticinque anni ad uno strumento nuovo di indagine, ma inutile. Continuo a sentire le Istituzioni lontane, come è lontano il Presidente Renzi, che da un anno non si degna di dare un cenno di risposta alle nostre richieste.
La lettera aperta del prof. Luchino Chessa ha un messaggio di sdegno.