Martelli: «Nel ’93 ci fu cedimento politico per tornare a pax mafiosa»
L’ex ministro della Giustizia oggi al processo Borsellino Quater sulla strage di via D’Amelio
«A me Liliana Ferraro disse che il Ros aveva agganciato Massimo Ciancimino e che intendeva incontrare anche il padre, ripromettendosi di trarre da questi incontri qualcosa di utile per fermare le stragi. Io le feci notare che doveva informare subito Paolo Borsellino e lei mi rispose “già fatto”. Da parte mia, informai il ministro dell’Interno Nicola Mancino e il capo della Dia Giuseppe Tavormina». A parlare è l’ex Guardasigilli Claudio Martelli al processo per la strage di via D’Amelio, quale ultimo dei tre teste (dopo la stessa Ferraro e Antonio Ingroia) ascoltati all’udienza di oggi, davanti alla Corte d’assise di Caltanissetta.
Rispondendo alle domande dei pm, Martelli ha quindi confermato quanto dichiarato qualche ora prima dall’ex direttore degli Affari Penali riguardo l’intenzione dell’allora capitano Giuseppe De Donno di contattare Vito Ciancimino, definito da Giovanni Falcone “il più mafioso dei politici e il più politico dei mafiosi”. Tuttavia, più che di trattativa fra Stato e mafia, per l’ex ministro c’è stato «un cedimento politico capitale iniziato prima del ‘93». «Si è pensato di tornare alla pax mafiosa, di tornare alla pacifica convivenza tra Stato e mafia, questo c’è stato». Pacifica convivenza che Martelli si rifiutò di avallare politicamente, che ricorda come, nonostante questo, ci fosse attorno a lui «una volontà politica di distensione verso l’ala moderata di Cosa nostra». Il riferimento è al decreto sul carcere duro e alla legislazione del dopo stragi. «Io e Scotti (l’allora ministro dell’Interno, ndr) eravamo fortemente contrari, ma venimmo rimossi perché avevamo esagerato, si erano smossi troppi equilibri e serviva qualcuno di più “morbido”. Io però mi imputai e rimasi, mentre Scotti fu mandato agli Esteri».
Effettivamente qualcuno di più “morbido”, dichiara Martelli, fu individuato. «Fu trovato in Nicola Mancino e Giovanni Conso». Mancino, il 1° luglio 1992, aveva sostituito a sorpresa il ministro dell’Interno Vincenzo Scotti, mentre mesi dopo Martelli venne sostituto alla Giustizia dal professor Giovanni Conso. «Ce lo ha detto anche Conso: “Perché dobbiamo ancora almanaccare? Volevamo dare un chiaro segnale di disponibilità a Cosa nostra”. Ha pure confessato, no?».