Mafia e calcio, un legame forse inscindibile
Dai brindisi di Maradona al caso Bergamini passando per lo scudetto 87/88. Quella tra mafia e calcio è una lunga storia di pericolosa vicinanza.
Il “caso Balotelli” con il suo tweet polemico nei confronti di chi lo vorrebbe fare assurgere a simbolo anti-camorra non è un episodio isolato. Nonostante il messaggio di Balotelli sia probabilmente causato dalla non comprensione del fenomeno mafioso da parte dell’attaccante rossonero, in altri casi il legame tra pallone e criminalità organizzata è stato forte e diretto.
Il calcio è lo sport più popolare ed è anche la quinta industria del paese, chiaro quindi come questo rappresenti sia una fonte di business che di popolarità per le mafie. Per rimanere semplicemente alla storia degli ultimi trent’anni si possono enumerare moltissimi esempi di contiguità tra i due mondi, vicinanza che spesso si esplicita nei contatti tra un calciatore e un boss, utile mezzo per aumentare la fama e il consenso del clan. A questo proposito non possiamo non citare, giusto per rimanere ai più famosi, i casi Maradona e Miccoli finiti nell’occhio del ciclone per i loro rapporti cordiali o addirittura amichevoli con alcuni esponenti della mafia, anche se, va sottolineato, non sempre erano a conoscenza del curriculum criminale dei loro improvvisati amici.
Altre volte l’intervento della criminalità nel calcio è stato più invasivo, dal calcioscommesse allo spaccio, fino a risvolti più tragici come la misteriosa morte di Denis Bergamini, calciatore del Cosenza venne trovato morto il 18 novembre 1989 sulla statale Jonica 109. Il caso venne archiviato come suicidio ma già allora la storia sembrava non quadrare. Le incongruenze erano e sono tali che la Procura di Castrovillari ha riaperto l’indagine arrivando ad indagare nel maggio 2013 la fidanzata di Bergamini per omicidio volontario. In attesa di ottenere la verità, dopo più di vent’anni, sono in molti a sostenere che dietro la vicenda ci sia l’ombra pesante della ‘ndrangheta e del traffico di droga.
Come ricordato in precedenza il calcio è soprattutto un business e fino a qualche anno fa, quando l’unico modo per scommettere legalmente era la famosa schedina del totocalcio, una grandissima fonte di reddito per la mafia era il cosiddetto Totonero, ovvero un sistema di scommesse assolutamente clandestino e ricchissimo. Non è un caso che nel 1987 sia “Il Sole 24 ore” che “Il Giornale di Napoli” abbiamo titolato “Lo scudetto del Napoli sbanca la Camorra”. La marcia trionfale della squadra di Maradona aveva aumentato di molto le scommesse su una sua vittoria e quando finì il campionato i clan dovettero sborsare diversi miliardi per ripagare le giocate vincenti. Proprio da questo episodio nasce la storia che, è bene ricordarlo non ha mai avuto pieni riscontri probatori, secondo la quale l’anno dopo il crollo del Napoli nelle ultime giornate di campionato sia stato dovuto alle pressioni della Camorra che, in caso di nuovo scudetto azzurro, avrebbe avuto perdite per svariati miliardi, perdite che si trasformarono in incassi quando a vincere lo scudetto fu il meno quotato Milan al termine di un’incredibile rimonta. La vicenda dello scudetto 87-88, come già detto, anche se raccontata da alcuni pentiti non è mai stata provata, ma è ormai chiaro che in quegli anni la Camorra avesse rapporti stretti con diversi calciatori, sia per ottenere da loro un ritorno di immagine sia per sfruttarne vizi e debolezze, consumo di droga in primis. Per questo motivo, non appare peregrina l’ipotesi di un loro, seppur indiretto, coinvolgimento nel calcioscomesse, una delle prime fonti di guadagno per la mafia nel tempo.
Il rapporto tra calcio e mafia continua ancora oggi, e a ricordacelo è stata “Libera” con un rapporto nel 2010 in cui si indicavano circa 30 clan coinvolti direttamente nel mondo del calcio, attraverso scommesse su partite truccate, specie nei campionati minori, riciclaggio di denaro sporco tramite sponsorizzazioni e presidenti compiacenti, senza tralasciare le infiltrazioni nel mondo degli ultras e delle tifoserie organizzate utili per il controllo del territorio e come mezzo di pressione.