L’Europa tra integrazione e disgregazione.
La difficile trattativa tra Tsipras e le burocrazie di Bruxelles.
Rimandato a fine mese di giugno il pagamento al Fmi, uno dei corni della troika, che già Atene aveva minacciato di non onorare. Alla vigilia della scadenza del pagamento di 300 milioni di euro il governo Tsipras ha chiesto e ottenuto di accorpare i quattro pagamenti di giugno in un unico esborso che scade il 30 del mese per un versamento di 1,5 miliardi di euro. E’ questa la condizione che è imposta alla Grecia per ottenere prestiti per 7,2 miliardi di euro.
Tsipras ha sostenuto che l’Europa si trova ad un bivio e devono essere i leader degli Stati non i burocrati a decidere e la decisione consiste nello scegliere tra integrazione o disgregazione per tutta l’eurozona. L’unione egemonizzata dalla cancelliera tedesca Merkel continuerebbe a condannare alla povertà i cittadini della Grecia perché i sui esecutivi non sono riusciti a rispettare alcuni parametri voluti dai revisori dei conti europei. La logica dell’Europa bottegaia è quella che non si fa credito a chi non dimostra di essere solvibile. Le premure del nuovo governo greco invece si rivolgono ai bisogni dei cittadini. E’ questa in buona sostanza la materia del contendere:da una parte il rifiuto dell’austerità che significa per i greci precarietà, ma che rischia di coinvolgere cittadini di altre nazioni , dall’altra i profitti dei banchieri e l’avidità dei redditieri sempre disposti a sostenere pure Dracula pur di contribuire percentualmente sempre meno alla causa comune.
Raccontano le belle favole della ripresa ogniqualvolta dietro la porta, ma rallentano le locomotive globali, Cina e Stati Uniti, la produttività non cresce, la ripresa mondiale è zoppicante, l’Europa unica in verità è un inutile sistema burocratico. Ci vorrebbe solidarietà, condivisione, sguardo non ristretto all’orto di casa in un mondo globale, ma prevalgono ovunque individualismo antisociale e vertiginoso incremento delle diseguaglianze. Di conseguenza la destra xenofoba e fascista monta in consensi ed arroganza.
Tsipras, dunque, è costretto ad alcuni compromessi. Ci sarebbero, secondo notizie che filtrano, impegni da parte del governo greco, contrattati con i ragionieri di Bruxelles, per le privatizzazioni e accordi sull’avanzo primario di bilancio e sulle aliquote iva: rialzo di queste dal 11% al 23% e taglio pari all’1% del pil del sistema di sicurezza sociale. Tuttavia su lavoro e previdenza la bozza ellenica sarebbe distante dai desideri della troika. Tsipras non cede sulla richiesta di ripristinare i contratti collettivi di lavoro e parrebbe determinato ad alzare le pensioni minime. “Il 44,5% dei miei concittadini – ha detto – riceve un assegno che è sotto il livello della soglia di povertà”.
Le cancellerie conservatrici non sono però disposte a concessioni. E allora il capo dell’esecutivo greco e i suoi consiglieri economici, come il ministro dell’economia Varoufakis contrario all’austerity, non abbandonano l’ipotesi di un referendum popolare. “Se non si arriverà ad un accordo –ha affermato ancora il leader- non sarà certo per l’intransigenza della Grecia.” Però anche l’ipotesi di elezioni anticipate è sul tappeto. Tsipras si spende per un’Europa dei cittadini per i cittadini.
Ed ha ragione il capo del governo greco. Potrà durare una UE cosiffatta? Si prefigura una costruzione monopolizzata da una sorta di superstato, l’EuroGermania che mira a un capitalismo finanziario globalizzato con meno politica, meno economia sociale e meno democrazia, diretta dalle capitali finanziarie.
Ora è minore il peso della Francia che condusse verso la moneta unica e la Gran Bretagna, un tempo avversaria dell’integrazione sociale, adesso prepara il referendum del 2017. Lo ha promesso Cameron sulla permanenza del suo paese nell’Unione. Sul Guardian e su Le Mond sono usciti articoli in cui si parla di una “trattativa” tra il duo Merkel- Hollande da una parte e lo stesso Cameron dall’altra, con oggetto la rinegoziazione della presenza nella comunità della Gran Bretagna.
La questione ucraina è una crisi aperta come quella greca, la vittoria nazionalista in Polonia è particolarmente gravosa per un’idea di unione e la minaccia lepenista in Francia non è cosa da poco. Podemos, e pertanto un’ipotesi diversa d’Europa, potrebbe vincere le elezioni spagnole di novembre e Tsipras in Grecia continua la sua battaglia contro austerità e vieto monetarismo. Appunto: quale mai potrà essere il destino di questa Europa?