L’Europa ripristina i confini per 2 anni.
A rischio Schengen e la tenuta politica dell’Unione europea.
L’Europa lancia la procedura per prolungare da maggio la chiusura delle frontiere per altri 2 anni, imponendo alla Grecia di bloccare i flussi dei profughi in arrivo dalla Turchia verso l’Europa del Nord. E’, quella della sospensione, una decisione che mette a rischio non solo Schengen ma il futuro stesso dell’Unione. Appare come una sconfitta politica ed un’ulteriore dimostrazione che gli interessi più forti prevalgono sui più deboli in un’alleanza che scarseggia di equilibrio ed equità.
A maggio Austria, Francia, Germania, Svezia, Danimarca, Olanda e Norvegia non potrebbero più mantenere i controlli alle frontiere ripristinati a settembre dell’anno appena trascorso. Dunque è stata stabilita l’attivazione dell’articolo 19b di Schengen, approvata dagli ambasciatori dei 28 Paesi riuniti a Bruxelles, ma senza voto, dato che il rappresentante greco non lo ha richiesto e dunque bloccando la possibilità di voto contrario da parte dell’Italia e della Spagna, danneggiate da questa decisione. L’articolo attivato permette ai suddetti Paesi di mantenere la chiusura delle frontiere almeno per altri due anni.
Ciò che temono i partners mediterranei è che i Paesi del nord risolvano di bloccare le frontiere verso l’Europa del sud, lasciandole invece aperte tra di loro, dando così vita a una sorta di mini-Schengen che di fatto costituirebbe la morte dell’alleanza. Si tratterebbe di un espediente per arrestare il flusso dei profughi che transitano dalla Grecia e consentire a leader di governo come la Merkel, che ha sostenuto una politica di accoglienza, di non rischiare di perdere il consenso a causa dell’ingresso massiccio e poco controllato dei rifugiati.
Con un simile scenario il rischio per l’Italia è quello di dover ricevere una nuova ondata migratoria provocata dalla chiusura della rotta balcanica: i migranti che fino ad oggi passando da Turchia, Grecia e Macedonia si dirigono a nord, sarebbero costretti a tornare a partire dalla Libia o ad attraversare l’Egeo dalla Grecia all’Italia. E l’Italia si troverebbe isolata rispetto ai paesi del nord nel gestire i nuovi arrivi.
E’ un modo, sembra, per non risolvere insieme una crisi umanitaria che tocca tutti e non solo Grecia ed Italia che invece sono lasciate sole. Il ripristino dei controlli alle frontiere, inoltre, sia che divenga permanente o a lungo termine, costerebbe tra i 5 e i 18 miliardi l’anno.