Le spose bambine e quelle mai nate
Tra il 2011 e il 2020 nel mondo più di 140 milioni di persone di sesso femminile con meno di 18 anni, diventeranno spose bambine
Per quanto questo allarme sia stato lanciato dalle Nazioni Unite in un comunicato stampa diffuso insieme ad altre agenzie per i diritti umani, in occasione della Giornata internazionale della donna., tutto sembra fermo, lasciato sulle pagine dei comunicati.
Secondo i dati del Fondo delle Nazioni Unite per la popolazione (Unfpa), ogni giorno 39mila bambine sono costrette a sposarsi. Dei 140 milioni che lo faranno nell’arco del decennio, 50 milioni avranno meno di 15 anni.
L’ Onu fa sapere che non si sta solo parlando di danni fisici e psicologici consequenziali a questi “matrimoni precoci” ma ad una vera e propria violazione dei diritti umani che privano le ragazze di un’adeguata istruzione, della capacità di scelta e del loro futuro. Per quanto il termine “matrimonio precoce” si riferisca sia alle ragazze che ai ragazzi costretti a sposarsi prima di compiere 18 anni, questa pratica è molto più diffusa tra le giovani donne.
Il Paese con il tasso più alto di matrimoni precoci è il Niger, con il 75%, seguito da Ciad e Repubblica Centrafricana con il 68% e dal Bangladesh con il 66%. Seguono Guinea, Mozambico, Mali, Burkina Faso, Sud Sudan e Malawi. In termini di numeri assoluti, è però l’India a contare il numero maggiore di spose bambine.
In India, secondo un antico proverbio “Crescere una figlia è come innaffiare un fiore nel giardino del vicino”. Avere una figlia femmina è considerato uno spreco di denaro e la pratica dell’aborto selettiva è ancora diffusa e viene praticato con sistemi che possono portare alla morte del feto. Il perché di tutto questo risiede in due principali motivi:
Le donne non garantiscono la continuazione del nome della famiglia e non contribuiscono al suo sostegno economico, tanto da portare a credere che la nascita di una bambina sia ancora oggi una sciagura.
La “non nascita” è l’unica soluzione.
Numerosi indiani credono che il feto sia privo di anima fino al secondo trimestre di gravidanza e dunque ritengono l’aborto moralmente accettabile. Se da un lato, sembrano diminuiti gli avvelenamenti o gli omicidi tra le mura di casa per eliminare le tracce della colpa di essere nate donne, gli aborti, grazie alle ecografie a buon mercato, aumentano. Per questo i test per determinare il sesso del nascituro sono progressivamente diventati un vero e proprio business sotto lo slogan “Meglio investire 500 rupie ora, che 50 mila più tardi”. Sui poster appesi nelle stazioni e sui volantini distribuiti negli ospedali predomina la pubblicità di test ed ecografie per donne incinta con prezzi accessibili anche alle classi sociali meno abbienti.
Le donne subiscono così violenza su violenza, come figlia non voluta, come madre incapace di dare al mondo figli maschi e come donna nel precario equilibrio tra il sentire dentro di se la vita e l’impossibilità di viverla da essere umano libero.
Laura Elici