La vita degli altri
Un progetto in simulazione dell’alternanza scuola lavoro per i ragazzi dei licei classico, scientifico, linguistico di Montevarchi
Cosa significa essere un rifugiato? Perché qualcuno dovrebbe abbandonare la terra dove è nato, lasciare lavoro, affetti, beni e cultura, sfidando la morte? Cosa vuol dire recidere le proprie radici per “cercare rifugio”? Come è possibile trapiantarsi in un luogo che non appartiene alla nostra storia e che non ha niente di familiare?
E cosa vuol dire “offrire rifugio”? Dare un tetto? Una coperta? Un pasto caldo? Cure? O qualcosa di più oltre a questo?
È possibile che la sfida di questo nuovo millennio ci obblighi inevitabilmente ad applicare nella realtà quotidiana un’etica della vita che non possiamo più solo vivere a parole. Termini come accoglienza e integrazione rischiano di diventare meri manifesti intellettuali se non riusciamo realmente ad aprirci al mistero dell’altro, a vederlo, ascoltarlo, sentirlo.
Ma com’è possibile entrare veramente in contatto a prescindere dalla somiglianza e affinità? Possiamo azzardarci a rispolverare termini antichi come compassione, al giorno d’oggi, per rispondere pienamente a questa sfida e risolverla da Uomini liberi da pregiudizi?
Ho proposto di indagare questa prerogativa esistenziale della condizione umana – quella della relazione con l’altro – ad un gruppo di circa 30 ragazzi di terza liceo (scientifico, classico e linguistico), per capire come si muovono i semi del nostro futuro e cos’è ancora inesplorato di questo territorio così brutalmente abusato tramite l’uso mediocre di alcuni strumenti comunicativi come Media e Social.
Durante un progetto in simulazione dell’ALTERNANZA Scuola lavoro in collaborazione con OXFAM Italia abbiamo chiesto ai ragazzi di svuotarsi, di farsi casse di risonanza delle storie di altri.
Altri difficili, doloranti, lacerati, anelanti, ma con una vita da raccontare, condividere, e donare.
Altri che ci hanno permesso di vivere il sentimento che realmente può metterci in condivisione come vasi comunicanti, che ci permette di toccare e di essere toccati, senza compatire, commiserare, o sentirsi superiori, ma immedesimandosi per provare, comprendere e condividere le stesse emozioni.
Noi cambiamo profondamente grazie alle relazioni interpersonali, chiave magica per metamorfosi derivanti da un processo di ascolto e di fecondazione reciproca profonda.
Il progetto è stato un’occasione maieutica che si proposto, quindi, di avvicinare i giovani ai grandi temi etici che gli avvenimenti attuali ci portano con assoluta urgenza, stimolando una risposta autonoma e cosciente. Ciò si è reso possibile grazie al contatto diretto degli studenti con i protagonisti reali di queste grandi e tragici esodi da paesi dilaniati, affinché i concetti affrontati non rimanessero vuote speculazioni mentali, ma esperienze emotive, mentali e morali in grado di innescare processi di conoscenza, crescita e maturazione sociale, oltre che individuale.
La reale partecipazione non si basa sulle nostre proiezioni e aspettative, ma, piuttosto, sui diritti dell’altro, indipendentemente dal fatto che sia un amico intimo o un nemico. Questo ci permette di Essere veramente senza limitarsi ad attraversare semplicemente un’esistenza biologica, per “essere noi stessi il cambiamento che vorremmo veder avvenire nel mondo” (Gandhi).
Marina Menichelli
Autore e conduttore del Progetto