La Grande Riapertura
piccoli racconti antimafia
E’ un meraviglioso hotel sulla costa. Al piano terra si trova una delle sue stanze più belle, un’accogliente biblioteca con angolo bar. Legni naturali, si alternano a grandi piante verdi, lampadari e fiori fanno capolino in un’immensa parete fitta di volumi. Ce ne sono di qualsiasi tipo e colore. La poltrona è vicina alla finestra, l’arte è dentro e fuori. Il pavimento è grezzo. Un ambiente che fa della coerenza il vero lusso. Un pianoforte pioviggina note brillanti. Ogni salone ha un nome inciso su un pezzo dei detriti di quello che fu. Per non dimenticare la sua identità, la sua storia. Quel dolore ustionante.
Eppure, eccolo lì. Riapre. Più bello di prima, nella sua integerrima onestà. Con materiali di recupero e arredi arrivati da ogni lato del circondario. Un patchwork riuscito che porta con sé tanti vissuti.
Avrebbero potuto cambiare città, forse anche regione, ma Vittorio e Ortensia non ci pensavano proprio. Sarebbe stato come arrendersi. Bamboo, prima di essere un albergo, è sempre stato un avamposto di speranza in una terra difficile. Il respiro del mare e l’azzurro cristallino riverberano tra le sue pareti bianche. Assomigliava ad una sorta di grande masseria, ma nel tempo è diventato il custode di un paesaggio incantato quanto conteso. Con la volontà di non cedere, qui non si arretra nemmeno di un centimetro. Nulla si deve a chi con prepotenza vuole imporsi. Quella parte della scogliera piace tanto, non solo per la poesia. Lì vicino, l’ultima colonna antica, abbandonata alle velleità di alcuni, sembra supplicare aiuto. Testimone di violenze e abusi, di costruzioni selvagge e rifiuti sotterrati. Tra i lampioni della luce, in strada, più di qualche scarpa appesa.
Ortensia è una signora grintosa, i capelli raccolti si ribellano in simpatici ciuffetti, proprio a lato delle stanghette degli occhiali. Lavora sempre Ortensia, anche oggi, anche nel giorno di festa. Non la ferma nessuno. La prima volta che li ha incontrati, si è stretta nel suo grembiule, lei il pizzo mai. No ai colletti bianchi ingialliti e a costose cravatte di poco valore. Vittorio la cerca con lo sguardo. E’ un uomo solido, tutto d’un pezzo, con le mani grandi e callose da artigiano. La tenacia del restare e sfidare il potere l’hanno pagata cara. Le fiamme hanno divorato tutto, lasciando solo uno scheletro nero soffocato nella cenere. Il casolare è andato distrutto, loro si sono salvati. Si narra che in passato, durante un attacco ottomano il quadro della madonna del santuario vicino non si sia bruciato, arrivando integro fino ai giorni nostri. Un miracolo ripetuto, chissà. Chiunque sarebbe scappato, espatriato, evaporato. Il giorno dopo, invece, Ortensia e Vittorio erano lì, a raccattare quanto si poteva. A dimostrare che la dignità non si sporca, nemmeno con la fuliggine e la polvere.
A Vittorio tremano le mani, ha gli occhi lucidi. Un guizzo di gioia mista a consapevolezza. La forza di ricominciare, di nuovo. Nell’aria si respira quella tensione carica di emozioni che rende il momento ancora più solenne. I mattoni a vista inseguono l’ombra nascondendosi dietro al glicine e agli alberi vicini. Lui spalanca il grande cancello di ferro che si affaccia sulla strada, raddrizzando il nuovo cartello. Salutano gli ospiti e le istituzioni: «Le persone perbene devono impegnarsi per la società, altrimenti viene tutto preso e perso. Anche nel piccolo, nel quotidiano. C’è veramente tanto da fare e ci vuole coraggio. Chi non vuole, si metta da parte e non sia di ostacolo a chi ci vuole provare». L’insegna era semplice e dalle lettere ben definite: “BAMBOO RIAPRE”.