Italia, nel 2013 pressione fiscale da record
Nel 2013, in Italia, la pressione fiscale toccherà il 44,2% del Pil. L’aumento sarà del 12,8% superiore al 1980.
Di Vito Campo
L’Italia oltre al macigno del debito pubblico, che la inchioda al suolo con difficili possibilità di risalita, deve fare fronte anche alla pressione fiscale. Quest’ultima, almeno stando alle stime della Cgia di Mestre, raggiungerà nel 2013 la stratosferica cifra del 44,2% del Pil. In termini assoluti, ciascun italiano verserà quest’anno un carico di imposte, tasse e contributi pari a 11.629 euro: ossia il 120% in più di quanto pagato nel 1980, quando era pari a 5.272 euro. Nel 1980 il gettito fiscale e contributivo era pari a 63,8 miliardi di euro, mentre alla fine di quest’anno, secondo le stime, della Cgia, finiranno nelle casse dello Stato 694 miliardi di euro.
Il dato relativo alla pressione fiscale riferito al 2013, fa notare l’organizzazione degli artigiani di Mestre, è di poco inferiore al dato previsto nell’aprile scorso dal Documento di economia e finanza che lo attestava al 44,4%. Questo lieve scarto è da ricondurre al fatto che le stime della Cgia, hanno tenuto conto delle disposizioni fiscali introdotte successivamente: la proroga delle agevolazioni fiscali Irpef ristrutturazione edilizia e risparmio energetico, decreto “del dare”, decreto sul “differimento aumento Iva” e di quello sull’abrogazione della prima rata dell’Imu. Oltre a ciò, rientra nella valutazione anche l’impegno fornito dall’attuale Governo di cassare, per quest’anno, il pagamento della seconda rata dell’Imu sull’abitazione principale, nonché il peggioramento della situazione economica complessiva destinato a produrre effetti depressivi sul prodotto interno lordo.
Occorre poi non dimenticare anche il peso del fisco sui contribuenti onesti, cioè su coloro i quali pagano fino all’ultimo centesimo l’Erario. A tal Riguardo Giuseppe Bortolussi, segretario della Cgia, cosi si è espresso: “Non bisogna poi dimenticare che per i contribuenti onesti la pressione fiscale reale ovvero al netto dell’economia sommersa, si attesta ormai al 53,6%. Inoltre, possiamo tranquillamente affermare che nel 2013 gli italiani hanno lavorato per il fisco sino alla metà di giugno: una cosa insopportabile”.
Un altro spauracchio, che poi tanto tale non sembra, è l’aumento dell’Iva dal 21% al 22%. Infatti, salvo cataclismi politici, a far data dall’1 ottobre è previsto l’incremento dell’aliquota Iva, che peserà non poco sulle tasche degli italiani. Per il 2013 il costo complessivo a carico dei consumatori sarà di circa 1 miliardo di euro, mentre dal 2014 raggiungerà a regime i 4,2 miliardi.
Vino, carburanti, riparazioni auto, abbigliamento, calzature, mobili, elettrodomestici, giocattoli e computer: questi sono alcuni dei beni e servizi che, dal primo giorno di ottobre, costeranno di più a seguito dell’aumento dell’Iva. La Cgia stima che per un nucleo costituito da 3 persone l’aggravio medio annuo sarà di 88 euro, mentre nel caso di una famiglia di 4 componenti, sarà invece di 103 euro. Atteso che l’aumento dell’Iva interesserà solo l’ultimo trimestre del 2013, per l’anno in corso gli aumenti di spesa ammonteranno a 22 euro per una famiglia da 3 persone, e 25,75 euro per una da 4.
Nel 2012, rispetto al 2011, la riduzione della spesa per consumi è stata del 4,3%, facendo registrare una variazione negativa molto superiore a quella registrata nel biennio 2008-2009, quando, al massimo della recessione, i consumi avevano fatto registrare una caduta tendenziale del 2,6%. Inoltre, come ricordato dalla Cgia, l’aumento dell’Iva al 22% non inciderà sulla spesa dei beni di prima necessità, come gli alimentari, la sanità, l’istruzione, l’abitazione, beni ai quali si applica l’IVA al 10% o al 4%, o non si applica per nulla.