Iraq e Iran chiedono aiuto. Obama: «Non manderemo truppe»
La situazione in Medio Oriente continua ad essere complicata. Iraq e Iran, in modi diversi, chiedono aiuto agli Stati Uniti
Iraq – La regione più calda, in questi giorni, sembra essere l’Iraq. Gli insorti dell’Isis avanzano senza molti problemi, grazie ad una scarsa opposizione, e sono riusciti ad entrare a Jalula e Sadiya, a 120 chilometri da Bagdad. Gli insorti, nel loro percorso, continuano a mietere vittime. L’Onu denuncia esecuzioni sommarie e almeno 17 ufficiali sono stati fucilati a Mosul, e successivamente hanno fatto sapere di avere eseguito un vero e proprio massacro uccidendo 1700 persone. Quest’ultima notizia, però, è ancora da verificare. Non molto tempo fa, l’Isis aveva postato su internet un video in cui eliminava a sangue freddo gli avversari. Inoltre, sempre nel video, vengono mostrate scene di crocifissione contro i nemici e il taglio della mano per i ladri. Gli sciiti, secondo gli insorti guidati da al Baghdadi, vanno dunque sterminati senza dare quartiere: «È una guerra di annientamento», come loro stessi hanno annunciato. Il governo iracheno, mercoledì scorso, aveva chiesto una mano agli Stati Uniti, proponendo anche dei raid contro gli insorti. La risposta non si è fatta attendere. Barack Obama, in una conferenza stampa alla Casa Bianca, ha fatto sapere che «non manderemo truppe in Iraq». Nonostante l’avanzata degli jihadisti dello Stato Islamico dell’Iraq e dell’Isis, dunque, il governo americano ha deciso di non inviare ulteriori truppe in quel territorio. «Le forze di sicurezza irachene purtroppo hanno dimostrato di non essere capaci di difendere alcune città. E il popolo iracheno è ora in pericolo. Proseguiremo con un’intensa azione diplomatica nella regione perché gli Stati Uniti hanno interesse che la situazione sia risolta. Nessuno vuole che l’Iraq finisca nel caos. Ma abbiamo enormi interessi e dobbiamo valutare la situazione con attenzione». Prima di iniziare ulteriori missioni che potrebbero durare a lungo, come in Afghanistan o nello stesso Iraq, Obama ha detto di dover «avere chiara la situazione» e di voler avere «tutti i dati di intelligence necessari perché qualsiasi azione sia mirata ed abbia un effetto garantito». Ma il segnale forte deve lanciarlo comunque il governo iracheno: «Gli Stati Uniti non si impegneranno in azioni militari in assenza di un piano politico da parte degli iracheni. Fondamentalmente il futuro dell’Iraq dipende dagli iracheni. L’America non si farà più coinvolgere in una situazione nella quale mentre siamo li riusciamo ad arginare le crisi e, dopo nostri enormi sacrifici, non appena ce ne siamo andati, immediatamente la gente inizia a comportarsi in modi che non portano alla stabilità a lungo termine del Paese».
Iran – L’Isis e gli jihadisti fanno paura non solo in Iraq, ma anche in Iran. Teheran, per la prima volta, apre infatti ad una collaborazione con gli Stati Uniti in una «lotta comune contro il terrorismo. Bisogna contrastare nella pratica e con le parole i gruppi terroristici». Queste sono le parole del presidente iraniano Hassan Rohani nel corso di una conferenza stampa a Teheran. L’aiuto, specifica Rohani, deve però avvenire «nell’ambito del diritto internazionale». La risposta di Hillary Clinton non si è fatta attendere. L’ex segretario di Stato americano, seguendo la politica dettata da Obama, ha dichiarato: «si tratta di un compito delicato e difficile per il nostro governo, visto che certamente non vogliamo combattere la loro battaglia. Dovremmo combattere per sostenere un governo inefficace, non rappresentativo, autoritario. E non c’è una sola ragione al mondo che io conosca perché dovremmo sacrificare una sola vita umana americana a questo scopo».
Girolamo Tripoli