Ingroia e Caselli presentato “Vent’anni contro”, le memorie di due magistrati
Le pagine che raccontano le inchieste e i processi più clamorosi, gli imputati eccellenti e le pedine, le storie dei pentiti, il racconto di come il nostro paese sia stato invaso di capitali che hanno radici mafiose
La gremita conferenza alla Feltrinelli sorprende perfino Caselli per la partecipazione e l’evidente attaccamento che Palermo, almeno forse quella che legge, ha ancora per gli uomini di giustizia. Due ex magistrati, per questo liberi dal veto della professione, hanno potuto raccogliere le memorie di due intere carriere, incrociatesi dentro il tribunale del capoluogo siciliano negli anni immediatamente dopo le Stragi. Quindi ne hanno tratto le conclusioni nel libro scritto a quattro mani “Vent’anni contro”, edito da Laterza. Giancarlo Caselli, giudice istruttore a Torino e Procuratore capo a Palermo, e Antonio Ingroia, pubblico ministero che ha raccolto l’eredità di Falcone e Borsellino, hanno presentato alla folla il loro lavoro, nel dibattito mediato dal curatore dell’opera, il cronista Maurizio De Luca, a cui hanno partecipato l’editrice e politica Gea Schirò e il giornalista Saverio Lodato. Interessanti su tutti, i concetti affermati da Ingroia, che riprendono il discorso da dove l’aveva lasciato da magistrato, sul filone delle indagini che stava svolgendo sulla Trattativa Stato-mafia per cui utilizza toni schietti e senza alcuna inibizione dando un’idea chiara sui contenuti del libro. Premesso come «non a caso il ventennio berlusconiano, coincida col ventennio raccontato nel libro perché fu proprio Berlusconi il primo a venire a patti con la mafia nel 1994», Ingroia torna su gli sviluppi più attuali della vicenda:« Ci siamo trovati di fronte non solo delle mele marce in odore di collusione, ma proprio di fronte un più generale rapporto organico. Nella vicenda della trattativa Stato-mafia nessuno è esente da colpe e personalmente sono molto scettico che la classe politica in queste condizioni accetti e dica la verità.
Il conflitto di attribuzione sollevato dal presidente Napolitano non è una semplicemente una scelta infelice, ma ben mirata e non per motivi personali ma da uomo di stato fatta per proteggere lo stato. Difatti l’indagine ha avuto una significativa battuta di arresto». Parole che il pool attuale di magistrati che si occupa dell’indagine, presenti alla conferenza, non ha potuto ne confermare ne smentire.