Il Sud è a rischio povertà e desertificazione industriale
E’ l’allarme lanciato dallo Svimez, oggi a Roma, in occasione della presentazione del Rapporto sull’Economia del Mezzogiorno.
Di Daniela Conte
Calano gli investimenti e i consumi finali, aumentano le tasse, la disoccupazione reale supera il 28%. Le famiglie, costrette a vivere con meno di 1.000 euro al mese, tagliano le spese. I giovani, soprattutto se in possesso di un titolo di studio medio alto, con un diploma o una laurea, vanno via. Molti sono pendolari di lungo raggio, si trasferiscono temporaneamente in una città del Centro – Nord per lavorare durante la settimana, poi, per il week end, tornano a casa. L’anno scorso se ne sono contati 155mila, 15mila in più rispetto al 2011. Ma, negli ultimi venti anni, dal Sud sono emigrati 2,7 milioni di persone.
Per il Capo dello Stato, Giorgio Napolitano, che ha recapitato un suo messaggio allo Svimez, “è inaccettabile per le regioni meridionali la fuga dei giovani dal Sud”, un fenomeno che “non può che risultare foriero di pesanti conseguenze e, dunque, non può essere accettato. La strada da perseguire è l’avvio di un nuovo processo di sviluppo nazionale” che trovi solida base nel Meridione.
L’Italia, però, è e rimane un Paese a due velocità. Lo dicono brutalmente i numeri. Il tasso di disoccupazione ufficialmente rilevato al Sud è pari a 17%, rispetto all’8% del Centro Nord, valori che salgono a 12% e 28,4% se si considerano i disoccupati che non hanno cercato lavoro nei sei mesi precedenti all’indagine.
Diversa è pure la distribuzione del reddito. Al Sud, i consumi finali e quelli delle famiglie non crescono. Hanno registrato una contrazione sia i consumi alimentari (-11,3%) che quelli per vestiario e calzature (- 19%). Una famiglia meridionale su sette guadagna meno di mille euro al mese, vive in Calabria (12,8%), in Campania (15%), in Basilicata (16,7%) o in Sicilia (19,7%). Il 50% (in Sicilia il 58%) è monoreddito e il 15% ha un disoccupato a carico. Il Rapporto Svimez spiega, inoltre, che adottando la divisione in quintili, dividendo cioè 100 famiglie in cinque classi da 20 l’una dalle più ricche alle più povere, emerge che il 62% delle famiglie meridionali, cioè due su tre, appartengono alle classi più povere. Il risultato è che in Sicilia, Calabria, Campania e Basilicata il 40% delle famiglie è poverissimo.
La crisi economica e il sistema produttivo del Mezzogiorno, troppo frammentato e sbilanciato verso produzioni di beni tradizionali a basso valore aggiunto e poco propense all’innovazione, hanno scoraggiato gli investimenti, che sono crollati del 47%. La pressione fiscale, soprattutto per effetto dei piani di rientro sanitario, è aumentata. Sui cittadini pesano, poi, Irap e addizionale Irpef.
Il segno positivo, con valori record, il Sud lo guadagna nel settore delle energie rinnovabili. Produce il 55% di potenza derivante dal solare, dall’eolico e dalle biomasse: in particolare, la Puglia ne produce il 16,9%, la Sicilia l’11,5% e la Campania il 7,3%. Con 6 mila impianti, il Mezzogiorno raggiunge punte del 97% della produzione di energia eolica. 139 mila sono, invece, le fattorie del sole. La potenza derivante dal fotovoltaico è pari al 38% del totale nazionale.
E, per lo Svimez, è proprio dalle fonti rinnovabili, dalla rigenerazione urbana e dalla logistica,che il Mezzogiorno dovrebbe ripartire. Per scongiurare gli effetti congiunturali e il rischio concreto di un consolidamento del calo dei consumi e della perdita di posti di lavoro e per elaborare una strategia di crescita di medio e lungo periodo.