I diritti umani in Italia – Garanzie personali
In questo ambito vengono rilevate a carico dell’Italia carenze relative al sistema giudiziario e al sistema carcerario e alle garanzie nei riguardi del ricorso alla tortura ed altri maltrattamenti
di Giuseppe Provenza
Viene innanzitutto posta in rilievo l’eccessiva durata dei procedimenti penali. Il Gruppo di lavoro sulla detenzione arbitraria dell’ONU già nel 2008 mise in rilievo che “l’eccessiva durata dei procedimenti penali e l’abuso della carcerazione preventiva potrebbero portare a casi di detenzione arbitraria”.
Anche Freedom House mette in risalto che “il sistema giudiziario è minato da lunghi ritardi nei processi”. Va inoltre ricordato che l’art. 6, par. 1, della Convenzione europea dei diritti dell’uomo garantisce il diritto di ogni persona “ad un’equa e pubblica udienza entro un termine Ragionevole”.
Sulla base di tale norma l’Italia è stata più volte condannata dalla Corte Europea dei diritti dell’uomo a risarcire cittadini italiani che avevano subìto procedimenti giudiziari, sia civili che penali, giudicati di durata superiore a quella “ragionevole” del giusto processo.
Per evitare la minacciata sospensione dell’Italia dal Consiglio d’Europa per l’eccessivo numero di ricorsi in materia, nel 2001 è stata varata la legge 89/2001 del 24 marzo, la così detta legge Pinto, dal primo firmatario, che prevede il risarcimento nei confronti di chi abbia subito un procedimento troppo lungo (orientativamente sei anni complessivi per i tre gradi), senza con questo aver risolto il problema di base, ossia l’eccessiva durata dei processi.
Per quanto riguarda il sistema carcerario, vengono mosse dagli osservatori internazionali, critiche relative al sovraffollamento della maggior parte delle carceri italiane.
Il problema è stato messo in rilievo e segnalato alle autorità italiane sia dal Comitato ONU per i diritti umani nel 2006, sia dal Comitato ONU contro la tortura nel 2007.
La Corte Europea dei Diritti dell’Uomo l’8 gennaio 2013 ha condannato l’Italia a risarcire sette detenuti ricorrenti per somme varianti da 10.600 euro a 23.500 euro per violazione dell’art. 3 della Convenzione Europea per i Diritti dell’Uomo (contro i trattamenti disumani o degradanti), in considerazione dello spazio inferiore ai tre metri quadrati ad ognuno spettante nelle celle (di 9 mq con tre detenuti) contro i sette metri quadri previsti dal Comitato per la prevenzione della Tortura del Consiglio d’Europa.
Ad inizio del 2013, in considerazione del moltiplicarsi di ricorsi in materia, il Consiglio d’Europa ha intimato all’Italia di risolvere il problema entro un anno, quindi entro i primi mesi del 2014.
Il problema del sovraffollamento delle carceri è, infatti, diffuso a tutto il sistema italiano. Nelle carceri italiane si trovano in atto circa 66.000 carcerati, contro 47.000 posti.
In merito va sottolineato che ben il 42% dei carcerati si trova o in detenzione preventiva o in attesa di condanna definitiva.
Proprio quest’ultima circostanza è stata rilevata dai due Comitati ONU citati, che hanno sottolineato che il sovraffollamento è in parte dovuto alla carcerazione preventiva, misura a cui, a parere dei Comitati, si dovrebbe “ricorrere per ultimo”.
Amnesty International nel rapporto 2013, nel capitolo dedicato all’Italia mette in rilievo che “le condizioni di detenzione e il trattamento dei detenuti in molti istituti di pena e altri centri detentivi sono state disumane e hanno violato i diritti umani dei detenuti, compreso il diritto alla salute”.
Inoltre la campagna della Sezione italiana di Amnesty International “Ricordati che devi rispondere” prevede al punto 4 “Assicurare condizioni dignitose e rispettose dei diritti umani nelle carceri”.
Riguardo alla tortura ed altri maltrattamenti, nel 2007 il Comitato ONU contro la tortura espresse preoccupazione per la mancanza nell’ordinamento penale italiano del
reato di tortura e “per il numero di segnalazioni di abusi da parte di funzionari delle forze dell’ordine”.
Amnesty International nel Rapporto 2013 rileva che “ad ottobre [2012] il parlamento ha approvato la ratifica del protocollo opzionale alla Convenzione delle Nazioni Unite contro la tortura ma non ha introdotto il reato di tortura nel codice penale, come la Convenzione richiede”. In relazione a ciò la Sezione Italiana di Amnesty International ha incluso la problematica nella sua Campagna “Ricordati che devi rispondere”, il cui punto 1 dice “Garantire la trasparenza delle forze di polizia e introdurre il reato di tortura”.
Il Dipartimento di Stato USA nel rapporto 2012, nel porre in rilievo “la lacuna nel sistema giudiziario per quanto riguarda la mancanza di una legge che criminalizza la tortura”, sottolinea che in atto gli autori possono essere accusati del reato di violenza, ma che “l’azione penale può avvenire solo su denuncia della vittima”.