Essere bambini in Palestina – Vivere e crescere.
Save the Children, ha reso noti alcuni dati riguardanti le condizioni di vita dei bambini palestinesi nei Territori occupati.
– di: B. Gagliardi – Associazione di Amicizia Italo-Palestinese Onlus –
I palestinesi che vivono nei Territori occupati sono quasi quattro milioni di cui 2,5 milioni in Cisgiordania e 1,49 milioni nella Striscia di Gaza; il 53% della popolazione, pari a 2,1 milioni, ha meno di 18 anni. 7 famiglie su 10 nei Territori occupati, circa 2,4 milioni di Palestinesi, vive al di sotto della soglia di povertà e questo dato ricomprende circa i due terzi dei bambini palestinesi. Una malnutrizione cronica interessa il 10% dei bambini al di sotto dei 5 anni e questo compromette gravemente il loro sviluppo tanto che più del 70% dei bambini di Gaza al di sotto dei 9 mesi risulta affetto da anemia. Per il 27% delle famiglie palestinesi risulta problematico accedere ai servizi sanitari a causa dei check-points delle forze di sicurezza israeliane, per il 37% a causa delle chiusure e delle restrizioni israeliane e per il 46% a causa dei costi dei trattamenti medici. 10.000 bambini muoiono ogni anno principalmente a causa di malattie prevenibili.
La maggior parte dei Palestinesi vive con una dotazione d’acqua ben inferiore a quanto raccomandato dalla World Health Organization per cucinare, bere e lavarsi (150 litri al giorno per persona); in Cisgiordania ogni Palestinese ha accesso a circa 56 litri d’acqua al giorno e tale quantità scende a 51 litri nella Striscia di Gaza. A causa delle chiusure e dei coprifuoco, più di 226.000 scolari di 580 scuole della Cisgiordania trova quasi impossibile, andare a scuola. Uno studio del 2004 della Birzeit University ha mostrato che il 45% degli studenti ha visto la propria scuola assediata dall’esercito israeliano, il 18% ha assistito all’uccisione di un compagno di scuola ed il 13% a quella di un insegnante. Talal, 5 anni, ha raccontato allo staff di Save the Children: “Vado all’asilo ogni giorno da solo. Ho paura quando vado solo. Ho paura che gli Israeliani mi spareranno. Vorrei che fosse mia madre a portarmi all’asilo, ma mia madre è occupata. Mio padre è stato arrestato dagli Israeliani e adesso è in prigione. Ho visto gli Israeliani prenderlo. Non l’ho più visto da allora”.
Molti bambini stanno nelle carceri israeliane; negli ultimi dieci anni, circa 7.000 minori palestinesi di età compresa tra dodici a diciassette anni sono stati arrestati, interrogati, perseguiti e/o imprigionati all’interno del sistema di giustizia militare israeliana, una media di 700 bambini l’anno, due al giorno. Secondo Abdul-Nasser Ferwana, direttore dello Statistics Department in the Commission of Detainees and Ex-Detainees Affairs in Cisgiordania, “il numero di arresti nel 2014 è aumentato del 36% rispetto al 2013 e del 43,7% rispetto al 2012″. Israele è l’unico Paese in cui i minori sono sistematicamente processati nei tribunali militari. La quasi totalità subisce torture in carcere, abusi fisici e/o psicologici. Circa il 20% dei minori detenuti è stato tenuto in isolamento per una durata media di 10 giorni (dato DFCI).
Il Rapporto dell’Unicef 2014 conclude che “i minori palestinesi che entrano in contatto con il sistema di detenzione militare israeliano sono sottoposti a maltrattamenti molto diffusi, sistematici e istituzionalizzati. Quanto descritto si basa sulle ripetute denunce avvenute nel corso degli ultimi dieci anni, sulla loro entità, fondatezza e persistenza.”
L’analisi dei casi monitorati da Unicef ha identificato esempi di pratiche che equivalgono a trattamenti crudeli, inumani o degradanti secondo la Convenzione sui diritti dell’Infanzia e la Convenzione contro la Tortura.
I luoghi più comuni per gli interrogatori dei bambini in Cisgiordania sono le stazioni di polizia negli insediamenti colonici di Gush Etzion e Ari’el, la prigione di Ofer e il Centro di Huwwara, nessun bambino è accompagnato da un avvocato o un familiare durante l’interrogatorio e i bambini prigionieri raramente sono informati dei loro diritti, in particolare del diritto di non auto accusarsi, nonostante l’articolo 37 della Convenzione sui diritti dell’infanzia preveda che: “Ogni bambino privato della sua libertà abbia diritto a rapido accesso ad assistenza legale o ogni altra assistenza adeguata.” Non è prevista una supervisione indipendente del processo e dell’interrogatorio che spesso unisce intimidazioni a minacce e violenze fisiche, con il chiaro obiettivo di costringere il bambino a confessare. Durante l’interrogatorio i minori sono legati, in alcuni casi alla sedia su cui siedono e tale posizione viene fatta mantenere per lunghi periodi di tempo con conseguente dolore a schiena, mani e gambe. Alla fine dell’interrogatorio, la maggior parte dei prigionieri ammette tutto ciò di cui è stata accusata (spesso di “lancio di sassi”) e firma la confessione su un modulo in ebraico.
Riportiamo una delle testimonianze raccolte da Samar Hazboun nel suo lavoro del 2013: “Detenuti: Testimonianze di bambini palestinesi detenuti da Israele”
Detenuto 11: FK, 14 anni
(Sulla base di un colloquio con FK e la sua famiglia)
La prima volta che FK è stato arrestato è stato detenuto per tre giorni. Ai suoi genitori non sono state fornite tutte le informazioni fino al terzo giorno. La seconda volta che è stato arrestato è stato prima dell’ esame finale per presunto lancio di bottiglie Molotov. Egli è stato spogliato e lasciato in piedi in mutande per due ore prima di essere interrogato alle 03:00. E ‘stato messo in una cella fino al giorno successivo.
Durante l’interrogatorio due soldati con mazze sono entrati nella stanza e lo hanno colpito su tutto il corpo .
FK non vuole ricordare le parole che l’ interrogante ha usato mentre lo interrogava. Dice che il linguaggio era umiliante.