Pubblicato: Gio, 28 Nov , 2013

Esordio col botto, per l’ex Iena Pif

“La mafia uccide solo d’estate” è un’opera prima che ritrae perfettamente la Palermo dagli ’70 ai ’90, incastrandosi fra romanzo di formazione e ricostruzione storica. Nelle sale dal 28 novembre

 

locandinaChe si possa ridere parlando di mafia ce lo hanno insegnato in molti, consegnandoci negli anni dei boss da macchietta (frutto di cliché che francamente hanno un po’ stancato) e che hanno eletto Tony Soprano l’ultimo “paladino” di tutto quel filone che va sotto il nome di gangster-movie e sul quale in molti, soprattutto gli americani, ci hanno costruito la propria carriera. Tuttavia, che si possa parlare ridendo della mafia, di quella soprattutto storicizzata, è una scommessa sulla quale in pochi sarebbero disposti a scommettere. Pif, invece, non solo lo ha fatto, ma ha anche vinto.

Al contrario di quanto hanno fatto i suoi predecessori, lui si spinge oltre. Non si limita a spiare il mondo dal buco della serratura e riferirne disegnando delle caricature di “ominicchi” in tutta la loro ridicolaggine. Pif apre la porta ed entra persino nella stanza. Lo fa con la sua solita ironica leggerezza (si badi bene, non superficialità) da menestrello contemporaneo, a tratti naif. In quella stanza lui osserva, si fa –è il caso di dirlo– testimone e infine racconta la storia per quella che è stata, senza banalizzazioni né enfatizzazioni e scatenando nello spettatore una rara sensazione di empatia.

Difficile però dire a quale genere cinematografico appartenga “La mafia uccide solo d’estate”. È una commedia? Non c’è dubbio. È un film drammatico? Anche. È forse un’opera dal sapore documentaristico? Ancora una volta la risposta non può che essere affermativa. Assistiamo, infatti, ad una continua trasformazione nel corso della narrazione. Si ride e l’attimo dopo ci si commuove, ci si indigna, ma sempre si riflette sul perché la mafia sia entrata prepotentemente nella vita delle persone, influenzandola e spesso sconvolgendola. È il caso del protagonista Arturo, che tenta di conquistare il cuore della sua amata Flora, di cui è innamorato dai tempi delle elementari e che da allora vede come una principessa. Sullo sfondo di questa storia, scorrono gli episodi di cronaca accaduti in Sicilia tra gli anni ’70 e ’90: gli anni terribili degli omicidi eccellenti per mano di Cosa nostra. 1380229_1816489895158381_1173454509_n

Ed ecco l’altro rischio che Pif sceglie di correre e riesce brillantemente a superare: far recitare per metà pellicola dei bambini. Ottima, in particolare, l’interpretazione di Alex Bisconti, nei panni del protagonista da piccolo, innamorato dal primo sguardo della bella Flora. Un’ossessione alla quale fa da contraltare un’altra, quella per Giulio Andreotti. Arturo si convince che il premier sia un mito, tanto da collezionare foto e articoli e avere persino il poster in camera. Ma se la prima è destinata a durare per sempre, l’altra si spegnerà non appena capirà che anche il presidente del Consiglio era colpevole, quantomeno moralmente, di quei morti ammazzati da quella forza distruttrice che è la mafia e che gli adulti si ostinavano a negare. Se da un lato c’è l’ignoranza dell’innocenza dei bambini, dall’altro c’è quella dell’indifferenza degli adulti. La peggiore. Perché in quel caso si sceglie la via più facile: quella che ti rende complice, quella che ti fa abbassare la testa e fare finta che la mafia non esista o, al massimo, che “uccida solo d’estate”. Ma Arturo capisce presto che quella era soltanto una favola che gli raccontava il papà per fargli fare sogni tranquilli. E non è nemmeno vero che «la mafia è come i cani: basta non gli si dia fastidio». Può entrare con violenza nelle nostre esistenze, ma altre volte lo fa in modo più sottile e subdolo, condizionandole ugualmente. Sta a noi scegliere da che parte stare: se restare complici della cecità collettiva, oppure aprire finalmente gli occhi e raccogliere la pesante eredità dei grandi eroi dell’antimafia (perfettamente qui ritratti nella loro umanità). E il monito finale del film è proprio questo: apriamoli una volta per tutte, perché il cambiamento è possibile soltanto se vi è una reale presa di coscienza.

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