Pubblicato: Mar, 18 Mar , 2014

Don Peppe Diana ammazzato perché non si piegò alla Camorra

Vent’anni fa l’omicidio del sacerdote che, “per amore del suo popolo”, non si arrese mai al potere criminale
Giuseppe_Diana

Don Giuseppe Diana

È il 19 marzo del 1994 quando don Giuseppe Diana si trova nella sacrestia della chiesa di San Nicola di Bari a Casal di Principe, pronto per celebrare di lì a poco la messa mattutina, quando un killer esplode contro di lui 5 colpi di pistola, che andranno tutti a segno: due alla testa e gli altri tre al volto, alla mano e al collo. Don Peppe muore all’istante, a soli 36 anni, ucciso dalla camorra casalese, che a quel tempo comandava la zona e contro cui il sacerdote aveva dedicato il suo impegno civile e religioso. Un delitto che suscita immediato scalpore in tutta Italia: un prete ammazzato dalla Camorra, nella sua parrocchia, per non essersi piegato al potere criminale, 6 mesi dopo che Cosa nostra aveva fatto fare la stessa fine a don Pino Puglisi. Entrambi preti antimafia, uno ucciso il giorno del proprio compleanno, l’altro in quello del suo onomastico.

Come padre Puglisi, don Diana non solo rifiutava qualsiasi tipo di connivenza, ma aveva capito quanto fosse fondamentale educare i giovani alla legalità. Ogni giorno sceglieva di stare dalla parte degli ultimi, senza sapere (o forse sì) che questo lo avrebbe portato alla morte e di lì a poco trasformato nell’eroe che mai avrebbe voluto essere. «Sono solo un prete», diceva.

A Natale del 1991 don Peppe scrive una lettera insieme ai sacerdoti della Forania di Casal di Principe e diffuso nelle chiese della cittadina campana. “Per amore del mio popolo non tacerò” è il titolo di questo documento che diverrà celebre: un vero e proprio manifesto di impegno contro il sistema criminale della Camorra, guidata dal boss Francesco Schiavone (alias Sandokan), che era riuscita ad impadronirsi anche di parte delle istituzioni locali. Ma è anche e soprattutto un appello ai cittadini, affinché non tacciano di fronte ai soprusi, alle ingiustizie e ad ogni genere di violenze. È un invito a pretendere un cambiamento e avviare un percorso di liberazione dal condizionamento della Camorra.

L’eredità morale lasciata dal sacerdote rivive ancora oggi in quanti, nella difficile terra di Gomorra, si fanno carico di trasformare il suo insegnamento e la voglia di riscatto in azioni concrete. Un paio di giorni fa oltre 6mila persone, buona parte delle quali scout, hanno sfilato per le strade di Casal di Principe in memoria di don Peppe Diana, che fu anche ex capo scout del gruppo di Aversa. Si sono fermati davanti la chiesa di San Salvatore, dove il sacerdote ha vissuto, e poi alla chiesa di San Nicola, dove invece è stato ucciso. Un’ultima sosta, accompagnata da un fragoroso applauso, davanti la casa di mamma Iolanda, la madre di don Peppe.

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