Pubblicato: Dom, 7 Dic , 2025

Ddl Delrio su deriva antisemita, è scontro aperto nel Pd: Boccia, ”Ritiratelo”, la replica ”Andrà in aula”

Rimozione dei contenuti on line e sospensione di 6 mesi per gli autori delle violazioni: è polemica sulle misure securitarie contro l’antisemitismo. Bonelli (Avs): ”E’ sconcertante”. Fusaro: ”Cosi’ la sinistra è indistinguibile dalla destra neoliberale e atlantista”.

E’ scontro aperto nel Pd dopo la presentazione di una proposta di legge avanzata dal senatore reggiano Graziano Delrio e sostenuta da un gruppo “riformista” di senatori, sulla prevenzione e il contrasto all’antisemitismo. “Disposizioni per la prevenzione e il contrasto dell’antisemitismo e per il rafforzamento della Strategia nazionale per la lotta contro l’antisemitismo” è il contenuto avallato da 11 cofirmatari esponenti del Partito Democratico – IDP tra cui Simona Malpezzi, Antonio Nicita, Beatrice Lorenzin e Pier Ferdinando Casini. Il capogruppo al Senato Francesco Boccia ha chiesto ai promotori di ritirare il ddl sostenendo che ”non rispecchia la linea del partito: bisogna tenere insieme anche l’islamofobia e altre forme d’istigazione all’odio”. Ma la proposta è stata respinta al mittente dai promotori che non intendono arretrare portando in aula il ddl, presentato come strumento legislativo volto a conferire delega al Governo per rafforzare la stretta sui contenuti social e per “vigilare” – ovvero “verificare e monitorare” – in ambienti scolastico-accademici l’insorgere di presunte condotte razziali e antisemite.

Misure ritenute fondate su presupposti pericolosamente discrezionali che hanno indotto Angelo Bonelli (AVS) a definirlo ”sconcertante” per il rischio di sanzioni comminate a chi esercita soltanto il diritto di criticare politicamente la deriva suprematista dello Stato d’Israele. Secondo quanto riportato nei sei articoli del ddl Decaro, tre sono per così dire i “punti caldi” delle misure sanzionatorie. Anzitutto, il disciplinamento dei contenuti online attraverso il rafforzamento dell’Agcom (l’Autorità Garante nelle Comunicazioni), in “collaborazione con gli organi rappresentativi delle comunità ebraiche“, nella rimozione di contenuti pregiudizievoli, ed eventuale sospensionedegli autori della violazione (…) per un periodo di sei mesi dalla piattaforma“. Quindi, la nomina di un soggetto preposto, in ambienti universitari, a “verifica e monitoraggio delle azioni per contrastare fenomeni antisemiti“; finanche l’obbligo (art. 5), da parte di istituzioni scolastiche, di comunicare quali condotte siano state intraprese per “segnalare e arginare” l'”odio” contro gli ebrei.

Sullo sfondo del ddl vi è un problema anzitutto linguistico, oltre che etico e politico, e riguarda la definizione stessa di antisemitismo, che qui funge da “metro” di giudizio su ciò che vada censurato in quanto “antisemita”. Il presupposto (art. 1) su cui l’intero ddl si basa è la definizione che di antisemitismo fornì l’International Holocaust Remembrance Alliance (IHRA), poi approvata dal Parlamento europeo il 1° giugno 2017, e infine spalleggiata con delibera Cdm, dal governo Conte. Che così recita: “L’antisemitismo è una certa percezione degli ebrei che può essere espressa come odio per gli ebrei. Manifestazioni di antisemitismo verbali e fisiche sono dirette verso gli ebrei o i non ebrei e/o alle loro proprietà, verso istituzioni comunitarie ebraiche ed edifici utilizzati per il culto“.

Ora, nella percezione dei promotori i recenti episodi contro cittadini ebrei sono sufficienti a fare scattare l’allarme nazionale verso un aumento sistemico dell’antisemitismo, battendo così la strada alla legittimazione della gogna censoria nei confronti di idee, “lezioni e attività a rischio“. Secondo gli oppositori al ddl dietro a condanne etiche vi sarebbe il rischio di una generalizzazione ideologica, tale per cui ogni forma legittima di critica all’operato di Israele può diventare deriva antisemita. Nelle pieghe del provvedimento si nasconderebbero cioè potenziali strategie repressive volte ad appianare il dissenso pubblico nei confronti delle azioni genocidarie dello Stato israeliano, così da “introdurre una sorta di censura statale“, come sostiene il portavoce di Avs Bonelli.

Se ogni critica contro Tel Aviv – alla luce degli oltre 65 mila palestinesi uccisi dai raid dell’Idf, e di altri 300 e più civili ammazzati dall’inizio della tregua del 10 ottobre – diventa pretesto per una messa al bando dell’antisemitismo, il ddl grida – secondo gli oppositori – all’incostituzionalità. “Non si possono colpire e perseguire le opinioni di chi critica Israele (…). Se la proposta dei senatori del Pd diventasse legge, tanti giornalisti e intellettuali autorevoli (…) verrebbero sanzionati per le opinioni espresse sulla deriva suprematista e criminale dello Stato di Israele”, ha detto Bonelli. E il deputato Pd Arturo Scotto ha invitato alla prudenza nel legiferare temi così delicati: “L’antisemitismo esiste ed è un cancro della società italiana, eviterei di equipararlo con la critica legittima alla deriva antidemocratica di uno Stato”.

La preoccupazione di chi si oppone, al netto dell’ articolo 21 della Costituzione, sembra il venir meno di una specifica inevitabile: che cioè possano convivere da un lato la critica dura allo Stato “imperialista-suprematista” israeliano, come l’ha definito il politologo Norman Gary Finkelstein. E dall’altro, l’indubbia condanna alla sponda antisemita. Lo ha fatto notare Francesca Albanese, relatrice speciale Onu per i territori palestinesi occupati, sostenendo che “è necessario chiarire i termini della questione: antisemitismo è odio e discriminazione degli ebrei in quanto ebrei. (…) questo non ha nulla a che vedere con la critica a Israele, non per quello che è e per la religione che professa, ma per le condotte che tiene“. E per il filosofo e saggista Diego Fusaro il ddl Delrio allunga un’ombra su una parte della sinistra progressista che proprio per il sostrato storico-ideologico di appartenenza, dovrebbe – sostiene Fusaro – “dare sostegno alla Palestina”. Ma il risultato è invece quello di un’invasione di campo: “una sinistra (…) dalla parte di Washington e Israele; con ciò diventando indistinguibile dalla destra neoliberale e atlantista”.

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