Ddl Cirinnà al voto. Lorenzin contro le adozioni dei “figliastri”, per dire no all’utero in affitto. Ma che c’ entra?
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Senato, entro domani voto sul ddl Cirinnà, unioni civili ed adozioni dei figli del partner (stepchild adoption). Beatrice Lorenzin lancia l’appello al no per l’adozione, ma parla di utero in affitto. Perché?
Domani tornerà in Aula, al Senato, il voto sul progetto di legge Cirinnà, sulla regolazione delle unioni civili e l’adozione dei figli del partner ed è scontro politico più che ideologico. In palio forse la testa del premier Renzi o, quantomeno, la sua premiership? Su altri provvedimenti, non c’ è stato tanto accanimento, ma su questo le emozioni di tutti prendono il sopravvento e la manipolazione politica dell’elettorato si muove con agilità. I cambiamenti antropologici introdotti dalle tecniche di fecondazione assistita non sono cose da poco. La gente li vive ogni giorno con serenità, ma se glieli agiti davanti, tornano paure ancestrali e visioni oniriche, che alterano la scelta ed il voto. Su questa eccitabilità si gioca una partita sleale della politica, perché i linguaggi usati non parlano più di fatti e di come organizzarli o gestirli al meglio per la collettività e per i più fragili, i bambini in questo caso, bensì di come fare paura, confermando i pre-giudizi. Lo fa oggi anche la ministra della Salute, Beatrice Lorenzin, che si batte contro l’ adozione dei figli del partner dello stesso sesso, ma spostando il tiro su altro, su un tema vero, importante, che è: l’utero in affitto. Da sempre, in Italia, si usano i temi a sfondo morale esistenziale per ricatti politici tra maggioranze. Oggi, a pag. 7 del quotidiano La Repubblica, la ministra della salute Beatrice Lorenzin, ormai da tempo icona della maternità gemellare in Italia, su brochure informative distribuite nelle farmacie e riviste femminili, fa la mamma dei giardinetti, che dispensa consigli. Lei che se lo può permettere, perché oltre ad essere ministra, grazie ad un patto bipartisan, infatti invoca perfino le femministe francesi, è anche una madre provetta, dunque, per gli italiani è doppiamente autorevole. Ha consigli da dare e guarda caso proprio alla vigilia del voto di uno dei provvedimenti più attesi dai genitori di figli già nati, ma che per la ministra non dovrebbero avere due genitori adulti legalmente responsabili, ma dovrebbero essere sacrificati per combattere un reato, sanzionato nel nostro Paese: il contratto di compravendita del corpo di una donna che in cambio di denaro, gestisce la gravidanza per conto terzi.La domanda sorge spontanea: come si collegano le due questioni? Quale possibilità reale avrebbe negare l’adozione del partner di un bambino già nato con la ben più complessa questione dell’utero in affitto, praticata in Ucraina, Russia, India o in altri Paesi a cui, più frequentemente si rivolgono coppie sposate eterosessuali? E’ una battaglia impropria, ne siamo convinti, che fa vittime innocenti, questo va ribadito con fermezza.
Identikit delle coppie che necessitano della “step adoption”, ovvero dell’adozione da parte del partner.
Le due questioni sono distinte e vanno tenute distinte. Nel mondo, esistono Paesi, come il Canada che ha una regolamentazione molto precisa e trasparente sulla gestazione per conto terzi. Altra cosa, invece, è ciò che si verifica in Ucraina, Russia, per non parlare dell’India. Su questo siamo tutti pienamente d’accordo con la ministra Beatrice Lorenzin, ma altri sono gli strumenti. Occorrono patti tra Paesi, normative internazionali e soprattutto controlli. Oggi, invece, cosa accade? In Europa l’accesso alla fecondazione con donazione di seme è permesso anche alle donne single (Gran Bretagna, Grecia, Spagna) o in coppia omosessuale lesbica (Gran Bretagna), dunque i bambini ci sono, sono nati da un ciclo di fecondazione con seme di donatore e magari in una struttura pubblica europea. In questo caso, agitare l’argomento della mercificazione della maternità surrogata è davvero improprio, ma è soprattutto a queste coppie che alla fine si nega l’adozione del figlio, portato in grembo da una delle due donne. Una minoranza di coppie d omosessuali, poi,i si trova in Italia a vivere la genitorialità per aver avuto le possibilità economiche di andare lontano, molto lontano a firmare un contratto legale in un Paese che lo ha regolamentato (Canada). Poi, esiste il numero più consistente di coppie sposate eterossessuali che è quello che, in casi di impossibilità della donna di gestire una gravidanza (non solo di concepire) ricorre in giro per l’Europa a situazioni a rischio di sfruttamento . Queste coppie, al loro rientro in Italia, scivolano facilmente nel reato di falsa attestazione di stato, che è un reato penale, con risvolti drammatici come è già capitato (padri arrestati o sotto processo). Iinsomma la faccenda è davvero complessa ma si possono fare ragionamenti validi, sulla base di dati per sbrogliare alcune matasse e dare più lucidità alle norme sulla filiazione, senza parlare di altro. E proprio oggi, alla vigilia del voto in aula e di una lunga serie di appuntamenti elettorali? Troppo facile.
I ragionamenti politici che non tornano.
La ministra Beatrice Lorenzin, dimostra la sua bontà e affabilità di madre e di donna, ricordando che ha inserito nei Lea la fecondazione con donazione, ma non è stata una concessione, lo ricordiamo. E’ stata il frutto di una lunga e tenace battaglia, vinta dalle associazioni di cittadini in Corte Costituzionale, a cui il governo deve obbligatoriamente attenersi. Dunque, non il frutto di una posizione politica illuminata, né una concessione del Re o della Regina, in questo caso, bensì una valutazione di una Corte che ha orientato la lettura di una legge parlamentare ai valori della Costituzione italiana e della Carta Europea dei diritti dell’uomo che l’Italia ha sottoscritto. Con questo non si vuole negare la bontà della scelta di aver inserito nei Lea la fecondazione con donazione, ma anche i costi sono ragionevoli e sostenibili a fronte di una spinta alla genitorialità, che in un Paese a crescita demografica sottozero, va assolutamente avallata. E questo il governo lo ha capito bene, crediamo. Il tabù della donazione di gameti era fortissimo in Italia, più resistente di questa ragionevole adozione del figlio del coniuge (Step Child Adoption) . Quando in Parlamento, alla fine degli anni ’90 si discuteva della legalizzazione della fecondazione con donazione, i parlamentari (quasi tutti maschi) accusavano le donne in aula, le deputate, di voler legalizzare l’adulterio di stato. Qualcuno, lo ricordo bene usò parole ingiuriose e fece gestacci di ogni sorta. Uomini compatti, come in una rissa da bar contro le deputate che trasversalmente ai partiti avevano fatto fronte compatto per invocare il diritto alla donazione, la cultura della donazione, ma soprattutto il diritto dei figli nati (anche all’estero) ad essere riconosciuti come legittimi da entrambi i genitori, come i figli nati da coppie fertili con i gameti della coppia. Perfino la legge 40, che vietava la fecondazione con donazione in Italia, decise di tutelare i bambini. Con la donazione di gameti, il maschio italiano sembrava essere messo nell’angolo e questo, per la nostra cultura maschilista era davvero insostenibile, ma le argomentazioni usate facevano ricorso a presunte norme, in realtà già abrogate da tempo dai nostri codici e dalla Corte costituzionale, mi riferisco al reato di adulterio .Poi, sull’eterologa, si scoprì guardando i numeri che la domanda più irrilevante arrivava dalle donne,spesso in ritardo sull’età biologica della maternità, così i ragionamenti cominciarono a rasserenarsi. Tuttavia, i temi cosidetti bioetici o a sfondo esistenziale-morale, sono sempre stati oggetto di ricatti tra forze partitiche, che mercificano le questioni in cambio di potere politico o economico. Questa è l’unica verità che torna negli ultimi decenni e vi assicuro torna sempre. La logica e l’informazione sui fatti, aiuti almeno le nostre scelte.