Corteo a Palermo per Di Matteo
Ingroia: «Mandanti stragi e trattativa coperti da politica». Teresi: «Voglio dire grazie per il gesto di solidarietà spontaneo dei cittadini»
L’escalation di minacce di morte che giungono dal carcere da parte di Totò Riina, non lascia indifferente quella parte di cittadinanza civile che ieri è scesa nuovamente in piazza per manifestare pieno sostegno al pm Nino Di Matteo e a tutti i magistrati che indagano sulla delicata trattativa Stato-Mafia, anche loro oggetto di intimidazioni. Il corteo è partito dalla centralissima piazza Politeama, per giungere – al grido di “Fuori la mafia dallo Stato” – fino al Palazzo di Giustizia di Palermo.
L’iniziativa è partita da Facebook e via via ha raccolto l’adesione di numerosissime associazioni e movimenti sindacali, sociali e politici, e di tutti quei palermitani che non vogliono convivere con la mafia, che non vogliono restare indifferenti, che non vogliono tornare alle stragi. Tra loro anche l’ex pm Antonio Ingroia, che ha sottolineato come ad aver più paura di Di Matteo, non sia Totò Riina, «ma tutti gli impuniti e i responsabili delle stragi del ’92-‘93 e della trattativa. Alcuni di quei mandanti a volto coperto che purtroppo non sono stati ancora individuati, perché coperti dalla politica che ha ostacolato in tutti i modi la Procura di Palermo in tutti questi anni».
Per il leader di Azione Civile «il pericolo di nuove stragi c’è, soprattutto in momenti d’instabilità politica come questo. In genere le stragi hanno una funzione stabilizzante, anche di un quadro politico come quello in cui viviamo con un governo dalle larghe intese, soprattutto quando c’è un vicepremier che dice di essere dalla parte della magistratura». Conclude Ingroia: «Il nemico pubblico numero uno» non è il boss corleonese al quale viene concesso di lanciare anatemi pur essendo sottoposto al regime del 41 bis, ma «la mafia dai colletti bianchi e dai guanti gialli, i mandanti esterni delle stragi che fino ad oggi sono rimasti impuniti».
Alla manifestazione è intervenuto anche il sindaco Leoluca Orlando: «Noi siamo convinti che la trattativa Stato-mafia ci sia stata e non si possono accettare queste vigliacche minacce che vengono dai capimafia e che ci fanno schifo. Il presidente Napolitano dovrebbe dare un segnale forte, accettando di dare il suo contributo all’accertamento della verità, anche incoraggiando coloro che la stanno cercando». E, megafono in mano, ha aggiunto: «Lo dico da sindaco e da cittadino. Che il premier Enrico Letta venga in aula a sostenere la posizione della parte civile, per dare un segnale forte che faccia capire da che parte stanno il Governo e lo Stato».
Una volta giunti al Palazzo di Giustizia, guidati dalla scorta e accompagnati dagli applausi dei presenti, ecco scendere Nino Di Matteo e Vittorio Teresi per ringraziare di persona, anche a nome di Roberto Tartaglia e Francesco del Bene, quanti si sono voluti stringere attorno a loro per esprimere piena vicinanza all’intero pool antimafia. «Volevo semplicemente dire un grazie a tutti i cittadini, i giovani e meno giovani impegnati o non impegnati nelle associazioni antimafia, che in questi mesi hanno dimostrato sì affetto, che è importante, ma soprattutto passione per la giustizia e la verità. E questa vostra passione è il conforto e lo stimolo più vero e autentico ad andare avanti. Cercare di fare il nostro dovere, consapevoli che il nostro ruolo è un ruolo di servizio nei confronti della comunità. Consapevoli che queste manifestazioni di solidarietà, proprio perché sono spontanee, ripetute e genuine, sono più importanti di tutto. Anche dei silenzi e delle reticenze. Questo per noi è assolutamente importante e sentivo di dovervi un ringraziamento profondo, unito alla speranza e anche ad una certezza. Abbiamo constatato come, in questi mesi, tante cose sono cambiate rispetto a vent’anni fa. Io credo che se ciascuno di voi porterà nel suo impegno quotidiano, qualunque esso sia, questa passione per la vera legalità, sarete voi a portare avanti una vera e propria rivoluzione culturale, che alla fine porterà alla sconfitta definitiva della mentalità mafiosa. Lo farete cambiando anche le piccole cose, come la subcultura del favore; della raccomandazione; del privilegio; dell’appartenenza. Ciascuno di voi contribuirà a sconfiggere quella mentalità su cui la mafia e l’illegalità hanno prosperato nel nostro Paese».
Ha quindi concluso: «Io devo semplicemente dirvi grazie. Tutto il resto non importa assolutamente nulla. E quando diranno che scendere tra la folla è un modo pericoloso per un magistrato, come se il magistrato facesse politica, non hanno capito niente. Il magistrato politicizzato è un altro tipo di magistrato, non certamente quello che sente il bisogno di dover ringraziare del sostegno e della passione per la verità che tanti cittadini dimostrano. Per noi è importantissimo quello che fate».
Proprio ieri una delegazione del Csm, guidata dal vicepresidente Michele Vietti, si è recata al palazzo di Giustizia per riunirsi con i vertici degli uffici giudiziari, rappresentanti degli avvocati e dell’Anm al fine di discutere delle minacce rivolte ai magistrati del pool che indaga sulla trattativa. Vietti aveva detto di esser venuto a Palermo per manifestare solidarietà ai pm minacciati da Totò Riina, eppure non ha incontrato nessuno dei magistrati vittime delle intimidazioni. Nessuno, infatti, li ha convocati. Poca la sorpresa, ma ugualmente tanta l’amarezza. Lo stesso Ingroia aveva commentato un tale atteggiamento dicendo di non esserne affatto meravigliato: «L’approccio che il Csm ha da anni nei confronti dei magistrati che hanno toccato certi fili, come quelli della trattativa Stato-mafia, non è mai stato di sostegno ma di critica, se non addirittura di persecuzione».
Sulla scelta di limitare la visita ai vertici degli uffici è intervenuto anche il procuratore aggiunto Teresi, che coordina il pool: «Voglio dire grazie per il gesto di solidarietà spontaneo e vero ricevuto questo pomeriggio da cittadini e associazioni, a differenza di quanto accaduto oggi. Sapevamo a stento che il Csm aveva incontrato i vertici giudiziari. Poi c’è stata una convocazione ufficiosa, ma nessuno ha pensato di chiamarci e l’incontro non c’è stato. Ma va bene così».