Cina verso la svolta liberale?
Le conclusioni del terzo plenum del comitato centrale lasciano intendere una progressiva apertura della Cina al mercato a discapito dello Stato
La Cina comunista si apre al mercato. Questa semplice frase potrebbe forse ben sintetizzare quanto deciso dal terzo plenum del diciottesimo Comitato Centrale del Partito Comunista.
I 376 membri dell’assemblea, riuniti per 4 giorni in un luogo segreto nella periferia di Pechino, hanno preso le decisioni da cui dipenderanno le future scelte di politica economica della seconda economia al mondo. In realtà, già dal titolo della relazione finale si potevano scorgere grandi novità: “Decisione del Comitato centrale del partito comunista cinese su diverse importanti questioni dell’approfondimento omnicomprensivo delle riforme”. La parola “omnicomprensivo” lasciava intendere che questa volta i delegati non si sarebbero limitati a parlare, come in passato, di economia ma anche di riforme di tipo sociale e ambientale, almeno queste erano le intenzioni.
I membri del comitato, a dire il vero, sono divisi tra un’ala più conservatrice, guidata dall’ex leader Hu Jintao, e un’altra riformatrice guidata dall’attuale segretario Xi Jinping e, nello scontro tra queste, la prima pare essere riuscita a fermare le riforme in tema di sburocratizzazione, lotta allo smog e alla corruzione. Via libera invece all’abolizione della cosiddetta “legge del figlio unico”, alla fine del processo di riforma, salvo ripensamenti, sarà abrogata la normativa che vieta alle coppie di città di avere più di un figlio; legge che ha creato un vasto mondo illegale fatto di figli, più spesso figlie, non registrati, abbandoni e aborti eseguiti anche in gravidanza avanzata.
Le più grosse novità arrivano dal fronte economico. Preoccupati dal calo dei tassi di crescita, i delegati hanno deciso di aprire, gradualmente, al mercato l’economia cinese; a questo riguardo è paradigmatica quanto scritto nel comunicato finale: “bisogna lasciare che sia il mercato a giocare il ruolo decisivo nella distribuzione delle risorse”. La dicitura “ruolo decisivo” fa intendere che l’equilibrio pubblico-privato, finora a favore dello Stato, cambierà invertendo i rapporti di forza, le riforme ipotizzate sono quelle riguardanti la proprietà privata della terra e l’apertura alla concorrenza di settori quali le telecomunicazioni, i trasporti e la finanza.
Ovviamente sarebbe sbagliato attendersi una svolta thatcheriana del gigante asiatico, infatti, non solo il comunicato è scritto nel classico burocratese che lascia la porta aperta ad eventuali dietrofront ma è ricordato, questa volta chiaramente, che “bisogna mantenere l’autorità del partito” e viene di continuo sottolineata l’importanza dello Stato nell’economia socialista. Inoltre, va ricordato, che le riforme promesse verranno effettuate nel giro di 10 anni, non intaccando la tradizionale prudenza cinese. In sintesi, la Cina cambia ma non troppo.